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Scuola digitale: privati e pubblici ci provano

Scuola digitale: privati e pubblici ci provano

Si sta facendo sempre più strada l'idea di creare una scuola interamente tecnologica che andrebbe a rivoluzionare l'interno organismo scolastico. La t

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Si sta facendo sempre più strada l’idea di creare una scuola interamente tecnologica che andrebbe a rivoluzionare l’interno organismo scolastico.

La tecnologia è parte essenziale di questa società, sempre in continua evoluzione e cambiamento attraverso scoperte ed invenzioni che solamente qualche decennio fa non potevano balenare minimamente nella testa delle persone. Non c’è quindi da meravigliarsi se le generazioni attuali conoscano tutti i segreti di un apparecchio elettronico ma magari ignorino semplicemente che cosa sia un’enciclopedia (magari è un esempio un po’ astruso ma è per far rendere bene l’idea). Sempre di più i giovani d’oggi vengono additati come coloro che usano impropriamente, abusandone in maniera spropositata, delle innovazioni apportate dalla tecnologia, perdendone così anche la vera funzione per le quali sono state inventate.

Proprio per questo si sta cercando di creare dalle fondamenta, vale a dire dalla scuola, un modo per rendere tutto questo un qualcosa di estremamente educativo. Difficile realizzarlo, ma ci si sta provando grazie anche ad iniziative private: è proprio da qui che nasce il progetto H-CAMPUS, dopo che H-Farm è riuscita ad acquistare l’International School di Treviso ed a stipulare un accordo con l’istituto scolastico Vescovile Collegio Pio X. Il piano prevede un investimento notevole di ben 60 milioni di euro da destinare all’edilizia green ed un piano industriale per le attività di circa 5 milioni di euro nei prossimi quattro anni. Come viene concepito il concetto di scuola all’interno di H-CAMPUS è ancora tutto da decidere, ma proprio in questo senso si è mosso H-Farm che, tramite l’evento “La scuola che vorrei”, ha fatto ideare la scuola dei propri sogni a 350 ragazzini, di età compresa tra i dieci ed i quindici anni. Bene, quello che è emerso è che una nuova scuola equivale a renderla completamente tecnologica: banchi non più di legno ma digitali e grande rilevanza all’interno dell’istituto degli studenti, i quali andrebbero ad acquisire maggiore importanza di quanta ne hanno oggi. Anche l’intero programma scolastico tradizionale viene rivisto: le due discipline madri saranno l’inglese, didattica interattiva e, appunto, sperimentazione digitale, sia per quanto riguarda la scuola (che va dalla materna alla High School) sia per l’università (H-Digital Transformation School), all’interno delle quali i professori diventerebbero una sorta di motivatori e non più persone che dovrebbero trasmettere nozioni culturali. Insomma, sarebbe a dir poco una rivoluzione e, a sua volta, anche la scuola pubblica sta muovendo i suoi primi passi per cercare di eguagliare quello che sta facendo la privata.

 

E’ stato indetto, infatti, il bando Atelier Creativi, a quale bisognerà presentare il proprio progetto (per un massimo di 1.860) entro la mattina del 27 aprile e tramite il quale si otterrà un primo finanziamento di 28 milioni di euro per finanziare atelier creativi all’interno delle scuole. Tanti progetti, ai quali vanno aggiunti anche quelli che ha sostenuto il Miur per formare docenti e dirigenti per una nuova scuola digitale (anch’esso, come per gli Atelier Creativi, è legato al Piano Nazionale Scuola Digitale che ha messo a disposizione 1 miliardo di euro per queste iniziative), e che sicuramente possono portare benefici alla scuola. Ora, l’idea di un’istruzione del genere è sicuramente molto affascinante, che migliorerebbe l’utilizzo della tecnologia dei giovani, magari sensibilizzandoli al fatto che non esiste solo quella e concordiamo (almeno la maggior parte si suppone) con il fatto che bisogna essere al passo con i tempi però (c’è sempre un però) forse qualcosa di più urgente ci sarebbe e già risolvere interamente quei problemi, vedi ad esempio il diritto allo studio, sarebbe una rivoluzione scolastica veramente significativa.

Utilizzare quei soldi (tanti!) per risolvere quelle necessità impellenti che la scuola italiana chiede a gran voce sarebbe un atto, come dire, doveroso.

Di Lorenzo Santucci

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