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Vita da precario: pochi spiccioli e una passione sprecata

Gli insegnanti che non sono di ruolo affrontano ogni anno una nuova sfida. Ma non si fermano mai. Di Giulia Pezzullo In famiglia, nella nostra famigli

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Gli insegnanti che non sono di ruolo affrontano ogni anno una nuova sfida. Ma non si fermano mai.

Di Giulia Pezzullo

In famiglia, nella nostra famiglia, quella con genitori, fratelli, cani e gatti, ci immedesimiamo spesso nella vita dei più grandi e ci poniamo il problema di costruire idealmente un futuro prosperoso. Alcuni di noi studiano per ottenere un titolo, altri iniziano a lavorare non appena diplomati e, diciamocelo, altri ancora non si pongono proprio il problema! Però, il modello che abbiamo nella mente è quello di una persona che decide per se stessa e che si guadagna da vivere in qualche modo.
Nessuno pensa mai alla condizione del precario, quella persona che vive di ansia e countdown. Soprattutto nel mondo dell’istruzione, i docenti precari sono tantissimi e nessuno trova una soluzione degna di essere chiamata tale.

Il tipico insegnante soggetto a precariato è una persona umile, che ha studiato tanto per arrivare a un buon livello ma che non riesce ad ottenere un posto fisso come professore, maestro, tutor. Nella stragrande maggioranza dei casi, vuoi per mancanza di posti di lavoro, vuoi per i nuovi metodi della Buona Scuola, il precario viene trasferito di tanto in tanto da una scuola all’altra, di nove mesi in nove mesi, nella costante speranza di un’assunzione a tempo indeterminato. “Normale procedura di gavetta”, si potrebbe pensare. “All’inizio è dura per tutti”, si potrebbe aggiungere. Però nessuno batte mai chiodo sulla questione dello stipendio, quei 1300 euro al mese che arrivano una volta sì e cinque no. Un docente precario che vive lontano dalla famiglia, in una città diversa da quella in cui risiede, lontano dagli amici di sempre e dalle proprie abitudini deve creare da zero più di una vita per cercare una via di fuga dai sotterranei della condizione di precariato. Di norma, un cittadino medio deve mangiare, avere un tetto sulla testa, potersi spostare in macchina o con i mezzi pubblici comprare vestiti ed eventuali biglietti del treno; ma per fare tutte queste attività essenziali nella civiltà occidentale serve il denaro.

Ogni 23 del mese, l’insegnate precario tira un respiro di sollievo in quanto in quella data avviene l’accredito dello stipendio sul conto bancario e si può stare un po’ più tranquilli. Per amor di cronaca, però, se nel primo trimestre di lavoro lo Stato italiano si comporta a modo, da gennaio in poi decide di far arrivare i soldi con ritardo e con discrepanze rispetto al contratto. Un precario vive così, oscillando tra la speranza di arrivare a fine mese per coprire tutte le spese e la passione per l’insegnamento e l’istruzione dei futuri cittadini del mondo.

Con le nuovi proposte di Buona Scuola, inoltre, i tanti “ricercatori di lavoro” sarebbero anche tentati di partecipare al concorsone per le assunzioni alle cattedre. Certo, se solo avessero i soldi per comprare i libri e iscriversi al bando!

Di Giulia Pezzullo

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