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Isis, via al traffico di schiave online

Isis, via al traffico di schiave online

Le prigioniere di guerra circolano sul web per essere vendute più rapidamente. Di Silvia Carletti Quando l’Isis conquista un villaggio, non si limita

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Le prigioniere di guerra circolano sul web per essere vendute più rapidamente.

Di Silvia Carletti

Quando l’Isis conquista un villaggio, non si limita a cancellare ogni traccia di civiltà che vi risiedeva, non bastano case e strade rase al suolo dal fuoco delle armi, non bastano gli orrori di una guerra che non fa distinzioni per nessuno, nemmeno per i bambini. Viene annientata ogni sorta di umanità che un tempo vi era esistita.

Guardando queste città, non si direbbe che prima della guerra ci fosse stata vita, le condizioni sono così estreme da non poter più riuscire a immaginare una realtà precedente a quella attuale. I civili, che un tempo furono abitanti e lavoratori, non possono neanche più definirsi uomini: sono prigionieri, e in quanto tali, merce da scambiare con il miglior offerente.

Il loro diritto alla vita è appeso alla volontà di un padrone, non è un principio ma una mera possibilità. Le donne, poi, sono un’ottimo guadagno per l’organizzazione, che con i suoi “rastrellamenti” si assicura centinaia di giovani da rivendere come prostitute, direttamente sul web. L’ultima novità giunta dalle interviste della Cnn riguarda proprio il

traffico di ragazze, alcune ancora bambine, che avviene su Whatsapp: il servizio di messaggi istantanei più usato nel mondo occidentale è anche lo strumento preferito dei jihadisti per scambiare le loro piccole “yazidi”, ossia tutte le appartenenti alle minoranze religiose in lotta col Califfato.

Le bimbe messe in asta sui gruppi di Whatsapp vengono acquistate direttamente tramite chat di gruppo alle cifre di 8000 o 9000 euro. Avviene tutto in maniera spaventosamente semplice e immediata: si pubblica una foto riportando capacità e requisiti particolari della ragazza, si lanciano le offerte, il prezzo sale, e il migliore -chi è disposto a offrire la cifra più alta- si aggiudica la schiava. Questo tipo di commercio è stato lanciato anche su Facebook, ne avevamo parlato, che consente rapidamente di rispondere ai commenti dei clienti e di soddisfare i loro interrogativi, solitamente domande quali “perché costa così tanto?”, “cosa sa fare?”, e “fino a quanto posso picchiarla?”: una faccia dei social media decisamente terrificante.

Di Silvia Carletti

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