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Gioventù bruciata?

Genova, la città della crisi giovanile: 9000 i ragazzi che soffrono di disturbi psicologici e che seguono un percorso di reinserimento in centri di as

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Genova, la città della crisi giovanile: 9000 i ragazzi che soffrono di disturbi psicologici e che seguono un percorso di reinserimento in centri di assistenza.

Di Silvia Carletti

Sei giovane e spensierato, ti piace divertirti e non ti interessa se il fumo fa male, perché “tanto hai tutta la vita davanti” e niente da perdere: bene, allora pensa che quel tipo di divertimento che ti rende tanto gioioso il sabato sera è lo stesso che ti fa stare male e ti porta dallo psichiatra a 18 anni. I dati che si registrano a Genova fra i ragazzi di 14 e 25 anni che fanno uso di sostanze allucinanti come la cannabis sono semplicemente spaventosi:

nel 2015, 9000 ragazzi sono passati per Centri di recupero mentale, Sert e Consultori a causa dei disturbi psico-fisici dovuti a dipendenza da fumo ed ecstasy.

Il fulcro di questo problema è da attribuire all’aria di crisi che si respira nel capoluogo ligure già da un paio d’anni: qualche grande quotidiano nazionale è arrivato a definire Genova “la città polveriera dove muoiono i sogni e il futuro non arriva”. Tutto ciò che c’è di sbagliato in Italia giunge a Genova e come in uno specchio si riflette e si amplifica, colpendo in primis i ragazzi, che sono i più sensibili ai cambiamenti e devono seriamente preoccuparsi per il futuro che sembra loro sfuggire tanto facilmente senza certezze. Allora, un po’ per non pensare, un po’ per ribellione, il traffico di droghe leggere è una delle “risposte” a questo malessere comune, il “passatempo” di tutti, come lo ha definito il direttore della Asl genovese Marco Vaggi: anche i medici che seguono i ragazzi in cura confermano che la problematica riveste una fetta molto ampia della popolazione e che i ragazzi non sono davvero consapevoli di quanto sia autodistruttivo fare uso di queste sostanze, prese spesso così per gioco.

“L’impiego dei cannabinoidi diventa un pesantissimo fattore di rischio per lo sviluppo di vere e proprie condizioni psichiatriche, come le psicosi” ha ribadito il direttore, equivalente alla perdita totale di equilibrio mentale e all’incapacità di relazionarsi con l’ambiente esterno. Vale la pena alienarsi dalla realtà in questo modo solo per sfuggire alla crisi storica che i giovani vivono sulla loro pelle come crisi interiore? Spegnere il cervello non è la reazione giusta per metabolizzare la sofferenza.

Di Silvia Carletti

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