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“Fuori corso” e pure cari! O no?

“Fuori corso” e pure cari! O no?

I ragazzi che non riescono a far quadrare il cerchio universitario nei tempi prestabiliti aumentano sempre di più: voglia di non far nulla o troppi ta

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I ragazzi che non riescono a far quadrare il cerchio universitario nei tempi prestabiliti aumentano sempre di più: voglia di non far nulla o troppi tagli da parte del governo?

Di Irene Tinero

“Laureati fuori-corso e bamboccioni costano parecchi miliardi di euro” intitolò una volta Repubblica. L’obiettivo era quello di sottolineare il buco nel bilancio pubblico provocato da questo status quo, che legittimerebbe nuovi tagli governativi vista l’enorme fonte di sprechi in cui si è trasformata l’università italiana.

Tutta colpa degli “sfigati”, come li definì l’allora viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Michel Martone: purtroppo non siamo tutti figli di un avvocato in Cassazione, nonché ex presidente ANM, e quindi non tutti conseguiamo una laurea in Giurisprudenza, vinciamo un concorso ordinario a 29 anni e diventiamo giovani politici.

In realtà, il rallentamento negli studi è una diretta conseguenza dei tagli: bisogna investire se non vogliamo veder perpetuate determinate perdite. È importante però mantenere viva l’idea di università come “pozzo senza fondo”, “buco nero”, dove i soldi vengono “bruciati” da buoni a nulla: in tal senso, parte della politica e dell’editoria italiana ha dato un ottimo contributo. È stato inserito in questa black list anche il libro di Roberto Perotti, “L’università truccata” (2008), nel quale si sostiene la tesi per cui il sistema sta morendo di nepotismo, scarsa selezione nel corpo docenti, mancati incentivi agli studenti ed una piena incapacità nell’offrire prospettive diverse da precariato e disoccupazione.

L’autore sottolinea come si succedano proposte su proposte, senza che nessuno guardi poi ai risultati. L’unica soluzione a quella che definisce una “catastrofe educativa” sostenuta da “decenni di palliativi”, è in sistemi di incentivi e disincentivi, in una buona ricerca e didattica.

L’articolo di Salvo Intravaia, penna repubblicana, si preoccupò anche di fornire le cifre: uno studente fuori-corso costa 7.241 euro l’anno, che, moltiplicato per tutti, produce la cifra “stratosferica” di 4,4 miliardi di euro “bruciati”. Gli oltre 7 mila euro pro-capite sono il risultato di una media calcolata in base al materiale investito per i ragazzi: per la precisione di quale “materiale” avete avuto modo di usufruire, oltre a banchi, sedie e per i più fortunati il bagno? È bene precisare che la media (sovradimensionata) è stata calcolata prima del 2008, ovvero della legge 133 di Gelmini e Tremonti, che promosse un maxi taglio alle università.

Anche nell’essere eccessivo e non veritiero è un dato significativamente sotto la media europea, aspetto non rilevato da Repubblica: la Spagna, solitamente affiancata all’Italia in virtù delle medesima, disastrosa condizione economica, investe 10.821 euro l’anno per ogni studente universitario, per non parlare della Germania, la più facoltosa, con i suoi 12.849 euro. Loro hanno investito, mentre noi tagliavamo: ma sapete qual è il colmo? Noi paghiamo le tasse più alte (ad eccezione di Regno Unito e Paesi Bassi).

Con “sfigati”, Martone intendeva tutti coloro che si laureano dopo i 28 anni, dato questo che è passato dal 19,37% del 2007 al 34,15% del 2010: complice ovviamente la crisi. Sbrigarsi a che pro? Per diventare prematuramente disoccupato?

La causa è stata legata anche al cambio di ordinamento, fonte di non pochi ostacoli burocratici, e ai tagli monetari: personalmente credo che la situazione sia chiara. Da un lato “se gli studenti si laureassero prima, lo Stato risparmierebbe”, dall’altro “se lo Stato investisse, io studente non dovrei lavorare per non gravare sulla famiglia”: la verità è nel mezzo, le università pullulano di ragazzi svogliati ed è possibile lavorare e laurearsi.

Però è anche vero che se uno studente finisce per perdersi, può stare tranquillo che università e politica non tenderanno mai la mano.

Di Irene Tinero

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