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Primi trapianti senza farmaci antirigetto, grazie all’Italia

Primi trapianti senza farmaci antirigetto, grazie all’Italia

A Bergamo si sperimentano tecniche alternative e, a quanto pare, efficaci. Accade, sempre, che un paziente sottoposto a trapianto debba per tutta la v

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A Bergamo si sperimentano tecniche alternative e, a quanto pare, efficaci.

Accade, sempre, che un paziente sottoposto a trapianto debba per tutta la vita, se non per periodi lunghissimi della stessa, assumere quotidianamente farmaci anti rigetto. Perché? Un organo trapiantato, cuore, fegato, rene tanto per citarne alcuni, è un organo che in passato non apparteneva al corpo del paziente e, pertanto, il sistema immunitario, sistema che rappresenta la difesa di un organismo, una volta individuatolo cerca di eliminarlo. Inutile spiegare quanto questo potrebbe essere dannoso per il paziente, che si ritroverebbe con un cuore, fegato o rene distrutto. E qui subentrano i farmaci anti rigetto, necessari affinché tutto ciò non avvenga. Ma se questi farmaci non servissero più? Se ci fossero altri metodi per difendere il nuovo organo?

Ha parlato a proposito di questa nuova possibilità Giuseppe Remuzzi, coordinatore della ricerca del Mario Negri di Bergamo: “Stiamo riducendo progressivamente i farmaci anti rigetto”, in un paziente, “stiamo arrivando a uno solo mentre di solito se ne usano tre, e con una dose molto piccola. Nei prossimi mesi saremo in grado di sospenderli”.

Soldati della guerra contro il rigetto sono le cellule staminali del paziente stesso che “funzionano come un farmaco, inibendo il sistema immunitario molto meglio dei farmaci tradizionali, che oltretutto sono molto tossici. Non è un cosa semplice, noi abbiamo fatto un protocollo con l’idea di fare pochissimi pazienti per volta, abbiamo per ora tre gruppi di due pazienti che stiamo seguendo”.

E conclude Remuzzi: “Siamo i primi al mondo ad usare questo approccio”, per la felicità delle famiglie dei trapiantati e di tutti noi, ci permettiamo di aggiungere.

Di Giulio Rinaldi

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