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Andare bene a scuola, questione di DNA?

Andare bene a scuola, questione di DNA?

Il King’s College di Londra avanza uno studio sui geni del DNA per “prevedere” il rendimento scolastico dei ragazzi. Funzionerà? Di Silvia Carletti Qu

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Il King’s College di Londra avanza uno studio sui geni del DNA per “prevedere” il rendimento scolastico dei ragazzi. Funzionerà?

Di Silvia Carletti

Qualcuno odia studiare, qualcuno non si applica, qualcuno ci prova ma non ottiene risultati. E poi, qualcuno, è sempre lì con la risposta pronta. Tutta questa varietà dovrà pur avere un’origine! Gli scienziati del King’s College col proposito di rintracciare una “causa connaturata nell’individuo” di questa profonda differenziazione

hanno condotto uno studio sul patrimonio genetico di ben 6000 ragazzi, dell’età di 7, 12 e 16 anni.

Cosa ne hanno dedotto? Che sicuramente

il 10% delle differenze di apprendimento nelle materie proposte (inglese e matematica, quelle sperimentate) dipendono dal DNA,

il quale influenzerebbe le capacità dello studente sin dai primi anni scolastici. Quindi, la “colpa” o il “merito” ricade in parte sui 74 Geni trovati che caratterizzano ciascuno studente. In questo modo il test del DNA permetterebbe di individuare i ragazzi più o meno predisposti allo studio, e di potenziare con anticipo le carenze dei soggetti che risultano più “deboli”.

Certificato il ruolo fondamentale del DNA sui caratteri della personalità e dell’identità individuale, però, non si può trascurare anche l’impatto dell’ambiente sulla condotta del ragazzo. In fondo, ci sono anche altri parametri che determinano l’adempimento scolastico e la differenziazione del rendimento:

tra maschi e femmine per esempio c’è una costante disparità dell’1%, mentre la “determinazione” dello studente (e quindi la componente esclusivamente caratteriale e motivazionale) arriva a influire del 5%.

I genetisti londinesi che hanno intrapreso questo cammino stravagante per “prevedere” il percorso scolastico dei ragazzi sono convinti che il loro test, tutt’altro che fallimentare (come lo aveva definito l’Ocse l’anno precedente), “potrebbe essere usato per prevedere se un bambino rischia di avere difficoltà nell’apprendimento, in modo da sviluppare programmi di supporto personalizzati in base alle sue esigenze”.

Il che sarebbe una bella svolta nella scuola. Ah, questi geni.

Di Silvia Carletti

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