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Noi, generazione di sottopagati

Noi, generazione di sottopagati

Un dato che dovrebbe far suonare un campanello d'allarme per tutti noi: stiamo attenti a non farci fregare. L’ultimo “Salary Outlook” svolto dalla so

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Un dato che dovrebbe far suonare un campanello d’allarme per tutti noi: stiamo attenti a non farci fregare.

L’ultimo “Salary Outlook” svolto dalla società bergamasca Jobpricing , che si occupa di studiare gli andamenti degli stipendi, ha portato alla luce un dato piuttosto negativo per i giovani.

Quest’ultimi infatti ricevono una paga inferiore del 64,3% rispetto ai loro colleghi più anziani.

Con la parola giovani si intende in questo caso tutta la fascia d’età che arriva fino ai 35 anni. Il problema scaturisce nel momento in cui un ragazzo alle prime esperienze lavorative, con un curriculum sicuramente più spoglio rispetto ad un collega più maturo, si trova davanti ad una azienda che desidera assumerlo. Pur di mantenersi il posto di lavoro trovato è disposto ad accettare anche paghe minime, con la speranza che in futuro ovviamente ci possa essere un aumento.

Purtroppo spesso i dirigenti delle aziende possono farsi gioco di questa insicurezza ed inesperienza di alcuni ragazzi e riescono così a gestire al meglio la propria situazione economica. Gli assunti invece, spesso restano alle regole e non cercano un nuovo posto di lavoro per paura di non trovare di meglio e di perdere quindi il posto rimanendo senza occupazione.

L’aumento di stipendio avviene tendenzialmente ogni dieci anni, e si parla di un 20% in più rispetto alla paga iniziale, che essendo molto bassa, fa intendere questa crescita della busta paga non tanto come un aumento quanto come una più che giusta e meritata stabilizzazione.

Quelli che possono essere definiti veri e propri aumenti invece arrivano principalmente con l’anzianità.

Insomma ragazzi, stiamo bene attenti quando andiamo a firmare dei contratti di lavoro e ricordiamoci bene quali siano le nostre doti, perché se è vero che per raggiungere una determinata posizione in ambito lavorativo bisogna un po’ faticare e soffrire, è anche vero che non è giusto accontentarsi, soprattutto a vent’anni.

#FacceCaso.

Di Sara Fiori

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