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Payver, l’app che ti paga per guidare

Payver, l’app che ti paga per guidare

Si monta lo smartphone sul cruscotto e l'app disegna mappe. Ma che modello economico c'è dietro? Scopriamolo. Se siete amanti della guida e vi trovat

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Si monta lo smartphone sul cruscotto e l’app disegna mappe. Ma che modello economico c’è dietro? Scopriamolo.

Se siete amanti della guida e vi trovate a vostro agio nel traffico cittadino, Payver, ribattezzata l’app per guidare, può fare al caso vostro. Iniziativa della start up statunitense Lvl5, garantisce infatti piccoli introiti( qualche centesimo) senza nessun impegno.Ci si mette al volante, si avvia l’app e si percorrono chilometri.

Un passatempo che consente di guadagnare piccole somme senza portar via troppo tempo. Il funzionamento è molto semplice: un supporto sul parabrezza e un iPhone, basta e avanza. Dopo aver installato Payver, si segue un breve tutorial per creare il proprio account e ricevere alcune semplici indicazioni.

Lo sviluppo dell’applicazione è solamente una parte di un progetto più ambizioso e da un punto di vista tecnologico, affascinante. L’obiettivo della società statunitense è ” topografico”: la volontà è di creare mappe stradali, ultraprecise e particolareggiate per migliorare l’efficienza e lo sviluppo delle auto a guida autonoma.

Tutto ciò, contribuisce a migliorare la capacità di evitare pericoli e ingorghi vari, riducendo gli incidenti stradali, uno tra gli obiettivi delle macchine “high tech”.

In economia si parla di “gig economy”,che deriva dal termine inglese “gig” , ossia “lavoretto”. Un neologismo, usato per descrivere un modello economico dove non esistono più le prestazioni lavorative continuative ma si lavora on demand, cioè solo quando c’è richiesta per i propri servizi o competenze.

Secondo una ricerca della UilTucs, i ” gig workers” italiani sono principalmente uomini e per la maggior parte giovani (18-34 anni, 55%). La laurea di secondo livello è il titolo di studio più frequente.

Un modello da molti criticato, che annovera Uber e Deliveroo tra i maggiori rappresentanti, dove l’equilibrio tra flessibilità e sicurezza lavorativa appare del tutto precario.

#FacceCaso

Di Luca Pennacchia

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