L'università italiana sta vivendo negli ultimi anni una grande burocratizzazione tesa al suo riordino e controllo. Non sempre, però, l'esito è quello
L’università italiana sta vivendo negli ultimi anni una grande burocratizzazione tesa al suo riordino e controllo. Non sempre, però, l’esito è quello sperato.
Non è solo colpa dei tagli ai fondi universitari, degli scandali e di un livello spesso minore sia dei professori che degli studenti se l’università italiana non sta vivendo il suo miglior periodo. Causa dei deficit della nostra università è anche l’eccessiva burocratizzazione della vita negli atenei.
La tendenza attuale, infatti, spesso per garantire ordine, uniformità e giustizia di trattamento è il ricorso alla burocratizzazione anche del più semplice procedimento. Per fare qualsiasi cosa un professore, un ricercatore o uno studente universitario deve scontrarsi con una miriade di ostacoli che se, spesso, potenzialmente positivi, non sono tali nei risultati.
Raggiungere un obiettivo, anche il più semplice, è diventato un crocevia di step da rispettare, che si tramutano in un dilungamento dei tempi e impiego di energie per finire alle volte con un insuccesso.
Parola a Massimo Ferri, professore di Geometria a Bologna
“È naturale che l’Università debba sottostare a regole generali della Pubblica amministrazione. Talvolta, però, questo principio finisce per causare problemi“.
A sottolineare la problematica dell’eccessiva burocratizzazione dell’università italiana è Massimo Ferri, Docente di Geometria all’Università di Bologna.
Con due differenti articoli su il “Il Fatto Quotidiano” ha affrontato il tema, almeno come visto e vissuto da lui stesso.
“Ben vengano criteri oggettivi, parametri con cui si possano evitare disomogeneità fra atenei e limitare abusi, o almeno screditare palesemente chi li perpetra! Il guaio è che ci sono colleghi oltranzisti che ne fanno dei totem, delle chiavi di volta del sistema universitario”.
Come sostenuto da Massimo Ferri, la burocratizzazione dell’università italiana si è materializzata in:
- indici bibliometrici imposti ai professori e ricercatori;
- formulari per i giudizi degli studenti;
- determinismo concorsuale;
- limite di legge al numero degli esami, per tutte le facoltà;
- crediti formativi con cui si valuta la preparazione dello studente.
Una tale burocratizzazione comporta, a volte, gli effetti inversi rispetto a quelli sperati. Invece che mettere in ordine l’università si rischia di rallentarla, aggravando i problemi già esistenti.
Si badi, però, che questa non vuole essere una critica al ricorso alla burocrazia per i giusti fini, piuttosto un monito per evitarne l’eccesso.
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