A livello puramente tecnico, il sistema di Gutenberg si basava su cubetti di metallo che recavano in rilievo, sulla faccia superiore, una lettera dell
A livello puramente tecnico, il sistema di Gutenberg si basava su cubetti di metallo che recavano in rilievo, sulla faccia superiore, una lettera dell’alfabeto vista allo specchio. Questi cubetti potevano essere disposti l’uno accanto all’altro su una intelaiatura, in modo da comporre le righe del testo. Quando tali righe erano sistemate in ordine una sopra l’altra si otteneva una pagina in negativo. Tali negativi erano legati strettamente per tenerli fermi, ed erano quindi spalmati d’inchiostro. Bastava poi premere contro di essi un foglio bianco per avere una pagina stampata. Una volta ottenuto il numero di copie desiderato della pagina, i caratteri erano recuperati, divisi lettera per lettera e riposti ognuno in un proprio cassettino. In seguito le pagine potevano essere rilegate a formare il libro così come lo conosciamo. Gutenberg utilizzava una pressa di legno, probabilmente derivata da quelle usate per la spremitura dell’uva nelle vicine vigne della Renania. Per i caratteri mobili impiegava una lega metallica in grado di fondere a temperature piuttosto basse, ma anche abbastanza resistente alla pressione in modo che i caratteri non si deformassero al momento della stampa (Enciclopedia Treccani).
Da questo momento in poi, sotto diversi punti di vista, si può iniziare a parlare di editoria con un’ottima dose di cognizione di causa. Eppure per tre secoli e mezzo la tecnologia rimane grosso modo la stessa; la circolazione di carta stampata non esce dai circoli ristretti delle classi colte; la grande maggioranza della popolazione versa in una condizione di analfabetismo che la esclude a priori dalla sfera dell’informazione. L’opinione pubblica ancora non esiste. Una classica ricostruzione della storia delle tecniche tipografiche divide il “secolo creativo” compreso tra il 1450 e il 1550 dai tre secoli successivi, definito come una semplice e monotona “era di consolidamento” (Steinberg, 1962). È solo sotto la spinta poderosa della rivoluzione che questo circolo vizioso si rompe: solo allora l’offerta e la domanda di carta stampata crescono in modo esponenziale adeguandosi ai bisogni di una discussione politica che coinvolge una massa crescente di persone. La tecnologia risponde a queste nuove esigenze accelerando i tempi della propria evoluzione: si aprono duecento anni di grandi innovazioni (ivi, p.12). Nel giro dei primi decenni dell’Ottocento fanno la loro comparsa il torchio a vapore, il telegrafo, la rotativa; alla fine del secolo la linotype. Ognuno di questi avanzamenti tecnici corrisponde a un salto di quantità e di qualità del mestiere del giornalista, che adesso è in grado di trasmettere le notizie in tempo sempre minore e di raggiungere un numero sempre più ampio di individui (Storia del Giornalismo – Giovanni Gozzini)
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