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Quando le immatricolazioni non aumentano nemmeno con gli incentivi

Quando le immatricolazioni non aumentano nemmeno con gli incentivi

Un’analisi riportata dal Sole24Ore, su studio di una studentessa di Matematica Torinese, dimostra che nemmeno le borse di studio sono servite per le i

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Un’analisi riportata dal Sole24Ore, su studio di una studentessa di Matematica Torinese, dimostra che nemmeno le borse di studio sono servite per le immatricolazioni.

Immatricolazioni, no grazie. Triste leit motiv quello dei dati sull’università italiana, come spesso accaduto negli ultimi anni.
Una studentessa al terzo anno della facoltà di Matematica e Finanza ha studiato per il Sole24Ore la relazione tra borse di studio e numero di iscrizioni all’università.
La prima cosa che risalta agli occhi è il non aumento parallelo del numero di immatricolati, nonostante la flessibilità finanziaria aumentata ( l’analisi si riferisce alla provincia di Trento ).

Ma questo è lo spunto per parlare in generale del tema immatricolazioni e supporto economico al merito. In Italia le tasse universitarie sono tra le più alte, in media 2.000 euro, troppo per il confronto con il resto d’Europa, dove in certi paesi i percorsi accademici sono gratuiti.

In 10 anni, tra 2004 e 2014, sono calati del 24% gli studenti iscritti, con un’inevitabile diminuzione dei laureati.

I dati OCSE, anche in questo caso parlano chiaro. Nella classifica con il maggior numero di laureati Ue, non siamo nemmeno tra i primi 15, dove invece compaiono quali eccellenze proprio Norvegia, Svezia e Danimarca. Questo non vuole farci dire che gratis=tutti laureati, però in certi paesi il sistema di welfare rende possibile tale fenomeno.

 

Quando ci si chiede come si possa sollevare tale situazione, spesso viene in mente la risposta di prima. Supporto economico agli studenti, o per reddito o per merito nei risultati conseguiti. Ma questo non si conferma con gli effetti reali. Spesso queste borse portano soglie di ottenimento troppo alte, e quindi lasciano comunque scoperte una fascia di studenti. Ma poi il problema risiede anche nel collegamento tra licei e università.
È infatti insufficiente ad oggi la relazione che intercorre tra le due istituzioni didattiche, dove la seconda spesso rimane sconosciuta agli occhi di chi frequenta la prima, soprattutto al sud.

Allora si potrebbe pensare che nel liceo debba essere ripensato il percorso finale, quello che orienta lo studente al suo futuro. Non conoscendo bene le possibili alternative si finisce nell’ignorare in toto l’università. Informazione di qualità è quindi necessaria per far ricrescere numeri che assomigliano sempre più allo “Sprofondo rosso”.

#FacceCaso

Di Umberto Scifoni

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