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Social network e dipendenza: così lontani, così vicini

Social network e dipendenza: così lontani, così vicini

L'inchiesta di una giornalista del The Guardian accusa i social network di fare un uso sistematico di trucchi psicologici per creare dipendenza nelle

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L’inchiesta di una giornalista del The Guardian accusa i social network di fare un uso sistematico di trucchi psicologici per creare dipendenza nelle persone.

Che l’uso eccessivo dei social network provocasse qualcosa di molto simile ad una dipendenza è risaputo. Che i social network utilizzino dei trucchi per far sì che ciò accada con maggiore frequenza, invece, è una novità sorprendente e allo stesso tempo anche abbastanza preoccupante.

A gettare luce su questo “lato oscuro” dei social è stata Mattha Busby, giornalista del The Guardian. In un suo recente articolo la Busby ha affermato che Facebook, Twitter, Whatsapp ecc. usano le stesse tecniche psicologiche impiegate dalle slot machine e dalle sale da gioco.

L’obbiettivo dei network, stando sempre a ciò che dice la giornalista, sarebbe quello di radicare i loro prodotti nelle nostre vite creando forti dipendenze e sindromi da astinenza psicologica. Si tratta di un’accusa assolutamente sconcertante, maturata dopo aver ascoltato le opinioni di antropologi, psicologi e designer di fama mondiale.

Tra questi ultimi anche Natasha Schull, autrice di un saggio sul gioco d’azzardo, che si è soffermata sul “loop ludico”. E’ il concetto che secondo lei sta alla base della dipendenza e del tentativo dei social network di innestarla negli individui.

Il “loop ludico” non è altro che una serie di cicli ripetuti di incertezza, anticipazione e feedback, alla quale si aggiungono le ricompense necessarie a farci andare avanti. Cicli ripetuti che abbiamo modo di sperimentare sia quando tiriamo la leva di una slot machine che quando scorriamo la nostra homepage di Instagram.

Si tratta del punto di partenza di una dipendenza che, se scientificamente provata, getterebbe nuove ombre sull’utilizzo dei social, a pochi mesi di distanza dallo scandalo Cambridge Analytica. Ma non solo, ci metterebbe anche di fronte ad un interrogativo fondamentale: Siamo davvero pronti a sacrificare la nostra salute mentale per curare la nostra immagine virtuale? Noi no; e voi?

#FacceCaso

Di Gabriele Scaglione

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