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Il progetto Legalità raccontato da Giovanni Buccheri

Il progetto Legalità raccontato da Giovanni Buccheri

Abbiamo parlato con Giovanni Buccheri, tutor del gruppo vincitore del progetto Legalità. Lotta alla criminalità organizzata con un impegno diretto ver

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Abbiamo parlato con Giovanni Buccheri, tutor del gruppo vincitore del progetto Legalità. Lotta alla criminalità organizzata con un impegno diretto verso gli studenti più a rischio.

Diffondere la cultura della legalità tra i banchi di scuola, tra ragazzi di 13-18 anni, è un compito arduo, ma obbiettivo nobile promosso appunto dal “ Progetto Legalità ”. L’iniziativa, partita a fine 2017, è nata dalla firma di un Protocollo d’intesa tra LUISS, ANAC, CSM e DNA e in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

L’importanza di favorire lo scambio di principi etici e condividere esperienze tra studenti dell’università e alunni di Istituti spesso di zone “difficili” del territorio italiano. Una mission e una grande esperienza di cui ci ha parlato Giovanni Buccheri, studente della magistrale di Governo e Politiche della LUISS e tutor di uno dei gruppi “adottati”, nello specifico quello premiato per il miglior risultato raggiunto.

Allora Giovanni, tu sei stato appunto uno dei tutor di questo Progetto Legalità, di cui si è avuta la cerimonia lo scorso 7 giugno alla LUISS Guido Carli.

Sì, ho avuto la possibilità di essere uno dei tutor per la zona di Napoli. L’università ha selezionato un numero di persone/studenti, mandate in una zona per ogni regione, io in Campania.

Tu studente di Governo e Politiche, sei stato subito preso da questa iniziativa o hai tentennato?

Quando mi è stata data la possibilità di partecipare non ho esitato un secondo, in quanto siciliano sono molto legato al tema della legalità, trattato e affrontato in pratica da quando sono alle scuole elementari. Del resto, avevo preso parte a iniziative simili attraverso Libera e altri progetti. L’idea di poter andare nelle scuole e discutere con questi ragazzi di legalità e argomenti poco trattati mi ha entusiasmato. Conosco bene Napoli, ma non pensavo che sarei andato lì, poi in un quartiere difficile della città, Ponticelli, e proprio per questo è stato ancora più bello, toccare con mano le difficoltà quotidiane di questi ragazzi. Alcune zone hanno problemi continui proprio per l’inserimento sociale, questioni economiche, la criminalità organizzata, ma anche le diversità e il bullismo, tutto è molto più amplificato.

C’è qualcuno che ti ha fatto conoscere l’iniziativa o di tua sponte sei arrivato allo stesso?

Ne sono venuto a conoscenza grazie all’università stessa, quindi un po’ da solo, anche per “deformazione” d’interesse ho fatto i vari step per accedere: lettera motivazionale, vari incontri, poi selezione e inizio del progetto. Dopo essere stati scelti sono stati fatti i gruppi, un tutor e 3 studenti per ogni scuola, tra i più vicini alle tematiche.

Parlando a chi magari non conosce il progetto, come riassumeresti e definiresti formazione, step e finalità dell’organizzazione?

Nasce da questa convenzione istituita dalla LUISS con ANAC, CSM, DNA e MIUR per esigenza di approfondire e combattere culturalmente il concetto dell’illegalità. Quindi punto di fondo portare tematiche come la legalità, la diversità, mafia e criminalità organizzata all’interno delle scuole. È stato strutturato in questo modo, in forma più “pratica” perché portare un magistrato negli istituti è sì importante, ma a volte poco efficace. Quindi avere uno studente che parla a un altro studente, anche se di età leggermente diverse, può avere maggiore impatto sui giovani. La comunicazione cambia, il modo di parlare è diverso, più vicino ai ragazzi potremmo dire. Infatti, è strutturato interamente dai gruppi che vanno nelle scuole e creano un microsistema del progetto in base anche alle esigenze del territorio e alle sue diversità; ad esempio le tematiche trattate a Napoli sono diverse da quelle trattate a Milano, perché le difficoltà del contesto socioeconomico sono differenti in base alla scuola e alla regione in cui si trova.

 

Quindi un progetto che si ramifica da zona a zona sulle esigenze specifiche.

Sì, diciamo che è tutto collegato dal “filo della legalità”, però è un significato multiforme, mutevole a seconda delle circostanze. Se parlo di legalità in merito a un appalto pubblico è una cosa, altro discorso parlare di legalità nel quotidiano. Nel nostro gruppo abbiamo deciso di strutturarlo parlando non solo di Costituzione, leggi e governo, ma anche di problemi vissuti dai ragazzi nella quotidianità. Bisogna far capire loro che lo Stato, a volte percepito come brutto o distante, invece si fa vicino a loro. In primis con le scuole, perché gli insegnanti e gli stessi studenti sono Stato e società civile, portatori di legalità. Così abbiamo parlato di tante cose, come Falcone, Costituzione e perfino di spaccio, droga.

Esperienza concreta abbiamo portato i nostri ragazzi al carcere minorile di Nisida, per fargli conoscere un’istituzione di reinserimento come il carcere, con ragazzi che hanno toccato con mano l’illegalità. Così hanno parlato con detenuti minori, coetanei, e da loro hanno potuto sentire cosa voglia dire sbagliare. Poi come lavoro finale, con cui hanno vinto nel progetto nazionale, hanno realizzato un video, “Divina indifferenza”. Hanno cercato di far vedere la quotidianità in cui vivono quale bullismo, traffico di stupefacenti, furti, possono essere risolti se ci rendiamo conto che siamo uguali nel contesto sociale. Rubare o spacciare a un altro significa danneggiare se stessi. Un modo per dimostrare che noi stessi ci stiamo allontanando dallo Stato e stiamo allontanando lo Stato.

Tu pensi che questi ragazzi abbiano appreso qualcosa e possano crescere con un nuovo modo di pensare la legalità?

Guarda, metaforicamente ti direi che ho lavorato come un “vasaio”, con questo gruppo nelle vesti della ceramica da modellare. Penso di aver parlato con parole semplici e di averli fatto sentire vicini, instaurando un rapporto di fiducia. Questa cosa è stata efficacie e loro erano entusiasti, hanno raccontato le loro esperienze di vita, situazioni difficili con padri e fratelli a volte in carcere. È stato lasciato un qualcosa da alimentare nel loro vivere quotidiano. Poi le scuole, come istituzioni, dovranno formarli costantemente per non perderli.

Importante comunque aver portato sul campo tematiche che sembrerebbero teoria e frasi fatte.

Hanno toccato con mano anche la storia di Peppino Impastato, l’idea di poter vivere in libertà in un contesto limitativo, un po’ come il loro. Dire di no allo spaccio, alla criminalità, sapersi opporre in futuro e non piegarsi alla mafia, che lì spesso è ciò che si vede sotto casa.

Tu e il tuo gruppo infatti, come dicevamo prima, siete stati i vincitori quindi?

Sì, il video realizzato e gli studenti sono arrivati primi, molto apprezzato da tutta la commissione. Hanno fatto tutto loro nella realizzazione, facendo trasparire le difficoltà in cui vivono.

L’ultimo incontro è stata la cerimonia del 7 giugno scorso.

Alla LUISS l’incontro finale con il Magnifico Rettore Prof.ssa Paola Severino, Giovanni Legnini Vicepresidente CSM, Raffaele Cantone Presidente ANAC, Federico Cafiero de Raho Procuratore Nazionale Antimafia, ma anche il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti e Filippo Pompei, Presidente Associazione studentesca FutureIsNow. Ci sono state le testimonianze di tutti i partecipanti e poi la proiezione dei video vincitori, con il podio dei tre: Napoli, Palermo e Trento.

Qual è stata infine la tua più grande soddisfazione raggiunta con questo percorso, quella che ti porterai dietro più di tutto?

La cosa più bella è stata aver potuto ascoltare questi ragazzi. Sembrerebbe banale, ma non lo è, perché troppo spesso parliamo e non ascoltiamo. In questo modo invece ho percepito le loro storie, e per il mio punto di vista hanno voglia di parlare e idee da proporre. Ascoltare vuol dire capire esigenze e problemi.

Davvero un bel messaggio, noi speriamo che questi progetti possano far crescere la responsabilità da parte dei più giovani e non far girare la testa dell’opinione pubblica davanti ai problemi.

Esatto, a tal proposito la mia battuta finale: si parla sempre di come risolvere il problema della mafia, ma lo diciamo volendo un risultato immediato. Invece non si può avere un risultato subito, dobbiamo investire nella formazione e la cultura dei giovani. Solo loro possono dire di noi alla corruzione.

Grazie mille Giovanni, e ancora complimenti!

#FacceCaso

Di Umberto Scifoni

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