Qualche giorno fa ho incontrato Davide Fantozzi, gestore della pagina Instagram Rime Scarse, in cui condivide i suoi versi. Ecco cosa mi ha detto. “I
Qualche giorno fa ho incontrato Davide Fantozzi, gestore della pagina Instagram Rime Scarse, in cui condivide i suoi versi. Ecco cosa mi ha detto.
“Il poeta non inventa. Ascolta” [Jean Cocteau]
E anche Davide ascolta; ascolta i suoi pensieri, li riordina e li trasferisce sul foglio bianco. Davide è un ragazzo come tanti; è il classico vecchio compagno di classe del liceo che incontri dopo diverso tempo e con il quale scambi quattro chiacchiere al parco, seduto sotto un albero.
Lì mi ha parlato soprattutto di Rime Scarse (come avrete sicuramente intuito il nome è una semi-citazione al Canzoniere di Petrarca), la pagina Instagram in cui Davide, da qualche mese a questa parte, condivide i propri versi. Ecco cosa mi ha detto.
Da dove nasce la tua passione per la poesia e com’è nata l’idea di aprire questa pagina Instagram nella quale posti i tuoi lavori?
Te lo dico onestamente, io sono un po’ reticente a chiamarla poesia perché la poesia secondo me è qualcosa di molto più serio, quasi un lavoro. Quelle che scrivo io sono più esternazioni di pensieri anche estemporanei e quindi improvvisati. La pagina Instagram nasce con lo scopo di verificare se sono effettivamente bravo a condividere qualcosa, a coinvolgere il lettore nel mio pensiero.
Tu però scrivevi già prima di aprire la pagina; perché ad un certo punto hai deciso di condividere i tuoi versi?
Perché un susseguirsi di situazioni mi hanno fatto pensare che avrei potuto condividerli, ma quasi per egoismo, perché volevo sentirmi un po’ più riconosciuto io nel lavoro che facevo.
Oltre a gestire personalmente la tua pagina, sei anche uno studente universitario e uno sportivo, visto che giochi a rugby nel campionato di C1. Come fai ad incastrare tra di loro questi tre impegni?
La pagina non la vedo come un impegno e forse la sua salvezza è legata proprio al fatto che non mi richiede lo sforzo che invece mi richiede il rugby.
Ti sei iscritto alla Facoltà di Scienze della Comunicazione con l’obbiettivo di diventare un giornalista. Nel frattempo è cambiato qualcosa? Cioè vuoi ancora fare il giornalista o a questo punto preferiresti sfondare come poeta?
Mi sono reso conto che diventare un giornalista ormai è difficilissimo perché essere bravo non basta. Ora mi piacerebbe concentrarmi nell’ambito sportivo, magari in qualità di telecronista, ma sfondare come poeta, ti dico la verità, preferirei di no. Adesso mi fa piacere condividere quello che scrivo ma farlo per lavoro potrebbe risultarmi pesante.
Ci sono anche altri giovani che magari vorrebbero condividere i propri pensieri ma che non lo fanno perché hanno paura di essere derisi. Che consiglio ti senti di dar loro?
La paura di essere deriso ce l’avevo anch’io (ride, ndr); infatti solamente da poco ho legato il mio nome alla pagina. L’invito che posso fare a chi ha qualcosa da dire, e tutti abbiamo qualcosa da dire, è di farsi forza. L’anonimato può essere un inizio ma poi piano piano devi necessariamente creare un rapporto con l’altro, anche per salvare te stesso da te stesso.
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