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Joe Rotto c’ha fatto caso: ecco l’intervista

Joe Rotto c’ha fatto caso: ecco l’intervista

Il mondo tormentato, irriverente, pazzo di un artista che ha preso in mano la matita e ha poi digitalizzato la sua arte. Eccoci, giovany, con Joe Rott

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Il mondo tormentato, irriverente, pazzo di un artista che ha preso in mano la matita e ha poi digitalizzato la sua arte. Eccoci, giovany, con Joe Rotto e il suo universo.

Qualche giorno fa. Sì, ho iniziato a leggere questo libro qualche giorno fa. Era lì sulla mia scrivania da qualche ora. Mi sono bevuto un bicchiere di quel vino consigliato da un caro amico e mi ci sono immerso.E mi ci sono rotto, meglio. No, volevo saperne di più. Dovevo chiamare Luca. Chiedergli qualcosa su questo Joe Rotto. Su questo universo parallelo fatto in bianco e nero. Su questi personaggi che più che personaggi sono spaccati di una quotidianità che vivo anche io.

“Pronto Luca? Sì, scusami, mi racconti qualcosa di te?”
Il resto, lo trovi qui…

Siamo di fronte ad una raccolta di pensieri, momenti di vita, deliri. E, tra l’altro, non è neanche la prima volta che il pubblico entra in contatto con questo tuo personaggio. Mi racconti l’origine di Joe Rotto?
Siamo di fronte ad una raccolta di pensieri, momenti di vita, deliri.
E, tra l’altro, non è neanche la prima volta che il pubblico entra in contatto con questo tuo personaggio. Mi racconti l’origine di Joe Rotto? L’Album Rotto è una specie di “Best of” di Joe o, per usare un gioco di parole, un “Beast of”. Qui c’è una sintesi della sua storia, del mondo “rotto” e degli abitanti che lo popolano di cui lui è il direttore d’orchestra. Joe ha un’origine lontana. Probabilmente più antica di quanto io stesso possa credere. Ho l’impressione che mi accompagni da sempre, ma che, come un’entità, abbia deciso di rivelarsi a me una quindicina di anni fa mentre ero al telefono. Poiché la telefonata mi annoiava parecchio, iniziai a scarabocchiare su un foglio e lì, come una sacra sindone, apparve l’immagine di Joe.
Tutto il resto fu pura rivelazione. Non ho deciso io di farlo spacciatore, di renderlo un’elegante incarnazione del male. Si era
semplicamente presentato a me ed io, forse un po’ sprovvedutamente,
gli ho aperto la porta.

 

Dicci la verità, è un po’ il tuo avatar?
Semmai, sono io ad essere il suo. Sono il suo “palo”. Negli anni, ho imparato a reggergli il gioco, a spianargli la strada. Insomma, Joe non è tanto quello che vorrei essere, piuttosto quello che vorrei che fosse. Volendo ampliare il discorso, mi pare che siamo già tutti delle repliche di noi stessi. Siamo i falsi dei falsi. Con queste faccine bene in mostra in tutti i social. Questa incontinente ripetizione del falso. Joe non l’ho creato per fargli dire cose che altrimenti non avrei il coraggio di dire. Spesso vengo accusato di essere troppo politicamente scorretto eppure non faccio altro che basarmi su quello che si legge in giro e ti assicuro che c’è anche di molto peggio rispetto a quello che faccio io. Non è la mia maschera. Lo vedo più come un buco nero, dentro cui tutti possono infilare la testa e vedere cosa trovano.

So che nel “backstage” di questo libro c’è una bella storia… raccontami il tuo incontro con l’editore
Gabriele Nero, El Doctor Sax, fa parte di quegli incontri straordinari del caso. Si parlava con un mio amico fraterno, Mauro Aprile Zanetti, che ha firmato insieme a Sandro Veronesi, la prefazione al Libro Rotto, il romanzo su Joe precedente l’ Album Rotto, di come fosse asfissiante il mondo editoriale italiano. Mauro mi parlò di questo ragazzo, basato a Valencia, che aveva una libreria e una casa editrice indipendente. È bastata una telefonata per capire di essere sulla stessa lunghezza d’onda. Quello che faccio io, per quanto ammantato da un’aura pop, è di dififcile collocazione. Scrivo e disegno, ma non faccio graphic novel, piuttosto salto da un genere all’altro. Sono un ibrido e mi interessano le ibridazioni. Le contaminazioni sono importanti, soprattutto oggi. Ho creato un sistema, un mondo intero, non dei semplici volumi. Ci vuole apertura mentale per accettarlo. Inoltre, mi piaceva l’idea di pubblicare per un editore “straniero”, un po’ come facevano i Beat agli inizi. Inoltre grazie a Gabriele, sono stato al Salone di Torino, dove tornerò con l’Album Rotto e al Festival della piccola editoria di Roma, dove è stato presentato in anteprima. Con lui ho avuto modo di fare squadra. Sono stato il primo autore ad inaugurare la sua collana Crazy Diamonds e grazie a lui sono riuscito a portare dentro, e far pubblicare, due altri straordinari autori italiani, Federico Febbo e Daniele Mattei.

Andiamo con un altro ”backstage”: che tipo di studi hai affrontato durante la tua carriera per raggiungere i risultati che hai ottenuto?
Se intendi i risultati in ambito creativo, assolutamente nessuno. Gli studi per questo tipo di cose non servono assolutamente a nulla. Qualcuno potrebbe obiettare che invece ti insegnano la tecnica, ma la tecnica non è nulla. Certo, puoi diventare bravo a scrivere, bravo a disegnare, bravo a suonare. Ma i Sex Pistols non sapevano suonare, eppure sono stati l’ultima grande rivoluzione culturale. Essere i primi della classe è facile. Si chiama fare i compiti.O ti brucia dentro qualcosa e ti ci scotti, oppure è meglio fare altro. Bisogna essere dei piromani. La creatività, se non la vogliamo chiamare arte, è una bestia rara. Siamo nel demoniaco, dove l’autore, al massimo, si deve accontentare del ruolo di medium e questo non lo impari a scuola.

Se Domani pomeriggio ti andassi a prendere un caffè con uno studente, che ha la tua stessa passione per il disegno e per questo tipo di arte, che tipo di consiglio gli daresti?
Di leggere, di vedere e di ascoltare il più possibile e poi di disimparare quello che ha imparato. Distruggere tutto. Anche sé stessi. Soprattutto sé stessi. Ogni ferita è una fessura dentro cui far passare le cose. È un privilegio. Essere o non essere rotti, questo il dilemma. Rotto la soluzione.

Ora i bicchieri di bianco sono un po’ di più. Ma questo viaggio ci voleva. decisamente.
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#FacceCaso

Di _Riccardo Zianna_

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