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Pedalata per la Pace: a Gaza ci pensano i giovani

Pedalata per la Pace: a Gaza ci pensano i giovani

Una pedalata per la pace, per dire basta all'odio tra palestinesi e israeliani. I giovani si muovono, ma hanno bisogno del supporto degli adulti perch

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Una pedalata per la pace, per dire basta all’odio tra palestinesi e israeliani. I giovani si muovono, ma hanno bisogno del supporto degli adulti perchè la guerra cessi.

Una pedalata per la pace. Niente di più semplice. E niente di più diverso, futuristico e bello. Semplicemente umana e pulita. Una pedalata. Niente di più.

Di cosa parliamo

Il 17 maggio, il Comitato giovanile di Gaza, ha organizzato, e poi svolto, una pedalata attraverso la famosa “Striscia di Gaza”; un modo per unire i giovani palestinesi e i loro fratelli israeliani in qualcosa che non fosse una stupida guerra fratricida.

Ben 150 ragazzi si sono messi in marcia, armati solo di biciclette e voglia di pace, e hanno pedalato dal centro di Gaza City fino al confine con Israele. Tutta la carovana era colorata da striscioni inneggianti alla pace, alla fratellanza e alla libertà: proprio per questo l’evento si è presentato al mondo sotto il nome di “Freedom Marathon”.

La Maratona della libertà

La maratona è stata solo l’ultimo di infiniti messaggi inviati dai giovani di Gaza. Pochi mesi, infatti, hanno tentato di ripulire il mondo dall’odio attraverso l’operazione “Cleaning the hate” (“ripulendo dall’odio” letteralmente); ed anche a settembre, con il “Peace carpet” (“tappeto rosso per la pace”) hanno distribuito nella Striscia e in Israele vestiti inneggianti la pace.

La guerra

Nonostante i giovani lavorino tutti i giorni per riportare un po’ di serenità, ciò che di giorno questi fanno, di notte gli adulti disfano. È del 4 maggio, infatti, la notizia di 25 morti dovuti al lancio di missili palestinesi e conseguente rappresaglia israelita. Raid e contro-raid, offesa e contro-offesa, in un circolo vizioso che sembra perdurare senza fine.

C’è speranza?

Forse sì. Forse la sia può affidare a Skype, la nostra speranza. “Ogni giorno dalla nostra sede di Gaza, grazie a Skype, palestinesi e israeliani si video-chiamano per palrare e conoscersi, andando oltre le ideologie, le incompresioni e gli stereotipi”. È la volontaria Manar Sharif, siriana di Damasco, a parlare. Il progetto si chiama “Skype with your enemy”, e propone ai giovani di parlarsi, conoscersi, in modo da abbattere le barriere invisibili che li dividono.

Perché “invece di maledire il proprio nemico, riescano a guardarsi in faccia e a dialogare scambiandosi le loro opinioni”.

#FacceCaso

Di Giulio Rinaldi

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