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Smart drug: ecco perché i giovani ne fanno un uso smodato all’università

Smart drug: ecco perché i giovani ne fanno un uso smodato all’università

Quello delle smart drug è un problema serio che riguarda i giovani universitari, soprattutto in UK e US. Vediamo da cosa deriva questo fenomeno. Lett

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Quello delle smart drug è un problema serio che riguarda i giovani universitari, soprattutto in UK e US. Vediamo da cosa deriva questo fenomeno.

Letteralmente “droghe intelligenti”, queste smart drug sono sostanze che accrescono le capacità di coloro che ne fanno uso. Sono super comuni tra studenti e studentesse universitari: ma perché c’è tutta questa necessità di essere “di più” delle nostre capacità?

Un quadro drammatico: smart drug e antidepressivi

Le smart drug sono diffuse principalmente nelle tra i giovani di università straniere come negli Stati Uniti e nel Regno Unito. (Della loro diffusione e pericolosità ne avevamo già parlato qui.) Non a caso, proprio questi paesi sono famosi per vantare tra i migliori atenei del mondo. Non sono solo gli atenei migliori, ma anche i più competivi. Ci sarà l’esistenza di un nesso logico tra le due cose? Parrebbe proprio di .

Non solo le droghe intelligenti sono diffusissime, queste smart drug che accrescono i livelli di attenzione e dunque le prestazioni di studenti e studentesse. A tutto questo si affiancano anche gli antidepressivi, che contribuiscono a rendere il quadro davvero drammatico.

Il problema competizione

La necessità di fare meglio degli altri è sempre sentita come imprescindibile. Bisogna prendere voti più alti, bisogna brillare più degli altri con lo scopo di trovare un lavoro migliore degli altri. Tutto questo porta a soluzioni per niente raccomandabili come l’utilizzo di queste droghe che aumenterebbero le capacità. Anche se raramente si dice apertamente, il motivo principale dell’assunzione delle droghe intelligenti è proprio lo stress da competizione.

Contrastare il fenomeno

Il problema è diventato talmente tanto grave e diffuso che diverse università, sia inglesi, sia americane hanno realizzato dei workshop (principalmente informativi sui rischi ecc…)per cercare di limitare questa nuova “moda”. Anche se un interessante articolo del Guardian sostiene proprio che le università dovrebbero fare molto più per contrastare questo fenomeno pericoloso.

#FacceCaso

Di Chiara Zane

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