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A scuola con…Francesco Pannofino (INTERVISTA ESCLUSIVA)

A scuola con…Francesco Pannofino (INTERVISTA ESCLUSIVA)

Che scuola hanno frequentato i VIP italiani? Ve lo diciamo noi in questa nuovissima rubrica. Oggi facciamo quattro chiacchiere con Francesco Pannofino

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Che scuola hanno frequentato i VIP italiani? Ve lo diciamo noi in questa nuovissima rubrica. Oggi facciamo quattro chiacchiere con Francesco Pannofino.

Vi siete mai chiesti quale scuola avessero frequentato da adolescenti personaggi come Salvini, PIF o Salmo? Noi sì. E visto il successo della nostra rubrica sugli sportivi, abbiamo deciso di allargare il campo, includendo nella nostra indagine attori, musicisti, politici e chi più ne ha più ne metta.

Siccome ci eravamo stancati di raccontarvi sempre in terza persona le peripezie scolastiche dei VIP, abbiamo deciso di chiedere anche ai diretti interessati di raccontarcele. E per questo primo episodio speciale abbiamo contattato un volto, o per meglio dire una voce iconica del cinema italiano e non solo: Francesco Pannofino.

In quale scuola si è diplomato Francesco Pannofino e che punteggio ha ottenuto alla maturità?
Mi sono diplomato all’Istituto Tecnico Industriale “Max Planck”, nella sede succursale di Via Vallombrosa. E mi sono diplomato con 42/60.

C’è un aneddoto o un episodio in particolare che secondo te riassume alla perfezione la tua esperienza tra i banchi di scuola?
Guarda, considera che io non sono nato a Roma ma a Pieve di Teco, un piccolo paesino della Liguria dove però ho frequentato solamente l’asilo. Successivamente mio padre venne trasferito qui e inizialmente voleva iscrivermi alla “Enrico Fermi”, che è una scuola molto prestigiosa nell’ambito dell’elettrotecnica. Purtroppo, però, era già piena e così mi portò alla “Max Planck” , dove venni inserito nella sezione Z, che era la sezione dei ripetenti e degli iscritti in ritardo. Inoltre mi trovavo a Roma soltanto da qualche giorno e perciò mi sentivo anche un po’ spaesato. Ma un po’ il gioco del calcio, che è una forma di aggregazione sociale incredibile, un po’ ci sapevo fare…insomma, alla fine mi sono integrato abbastanza velocemente e adesso quegli anni me li ricordo ben volentieri.

In che modo la scuola ti ha aiutato nella tua carriera?
Moltissimo, anche se l’insegnamento di quell’istituto non c’entrava praticamente niente con quello che sono poi andato a fare. Però quelli erano anni difficili, perciò spesso mancavano gli insegnanti. E allora per passare il tempo si facevano teatro, cabaret, imitazioni di professori e personaggi del cinema e ci divertivamo. E’ lì che ho capito di avere un talento particolare.

In “Boris” interpreti un regista alle prese con una troupe decisamente sopra le righe, Ecco, non ti sembra che il ruolo del regista e quello dell’insegnante siano più simili di quanto si creda?
Sono simili perché entrambi sono dei punti di riferimento ma l’insegnante ha più responsabilità trovandosi davanti, potenzialmente, la classe dirigente del futuro. Quindi, oltre che a fornire un bagaglio culturale, sono chiamati anche ad impartire lezioni di vita. Quando andavo a scuola io, invece, non tutti i professori si sforzavano di comprendere gli studenti dal punto di vista psicologico, dovevi imparare e basta e se non imparavi non gliene importava nulla.

Cosa dovrebbe fare secondo te la scuola italiana per mettere in luce e valorizzare maggiormente i talenti e le predisposizioni dei ragazzi?
Ma, intanto i ragazzi stessi si devono impegnare; anche facendo degli errori, perché i giovani sbagliano e hanno il diritto di farlo. Allo stesso tempo gli insegnanti devono assumere quel ruolo di “accompagnatore sociale” al quale accennavo prima, perché la scuola è un momento molto importante della nostra vita, è un momento che non si dimentica mai; non c’è nessuno che dice “non me li ricordo più i tempi della scuola”, anche perché sono i ricordi più antichi quelli che rimangono per sempre nella memoria.

#FacceCaso

Di Gabriele Scaglione

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