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Fase 2: follie e scelte discutibili. Ma che stamo a fa’ giovany?

Fase 2: follie e scelte discutibili. Ma che stamo a fa’ giovany?

A una settimana di distanza dall'inizio della Fase 2 in Italia si sono viste ovunque situazioni paradossali che hanno evidenziato numerose criticità.

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A una settimana di distanza dall’inizio della Fase 2 in Italia si sono viste ovunque situazioni paradossali che hanno evidenziato numerose criticità.

Siamo esattamente a metà dei quattordici giorni che separano il 4 e il 18 maggio. Cioè le due date cardine dell’inizio della Fase 2. Quella di convivenza col Coronavirus, in attesa di trovare cure e vaccino. E non si può certo dire che stia andando tutto bene. Hashtag a parte, nella prima settimana di graduali riaperture, molti nodi sono venuti subito al pettine. Diverse criticità si sono manifestate, evidenziando una serie di situazioni paradossali che, probabilmente, avrebbero dovuto essere previste per tempo. Sia dal governo, sia dai cittadini.

Proprio questi ultimi, durante i due mesi di serrata totale, avevano dimostrato un senso civico inaspettato, visti i luoghi comuni sugli italiani e il rispetto delle regole. Ad aprile i dati del Ministero degli Interni dicono che con una media di poco sotto ai 300000 controlli al giorno, sono state sanzionate meno del 5% delle persone.

Da inizio maggio invece, tana libera tutti. In sette giorni si sono viste follie di massa tipo aperitivi all’aperto, parchi pubblici presi d’assalto e spiagge in stile Copacabana. Il messaggio di ripartire con cautela è arrivato forte e chiaro. Non c’è che dire. Ma la colpa di chi è? Come spesso capita in questo paese, anche stavolta non c’è un responsabile preciso. O meglio, non ce n’è uno unico. Dalle indicazioni poco chiare del governo, alla falsa percezione delle persone di un ormai prossimo scampato pericolo, passando per regioni con governatori schizofrenici, tutti hanno contribuito alle situazioni paradossali cui si è assistito in questi primi giorni di Fase 2.

Congiunti, runners e simili

Da quando si è deciso di chiudere il paese, la più grossa polemica nell’opinione pubblica ha riguardato i famosi runners. Da un lato, a partire dal 8 marzo l’Italia si è riscoperta patria di podisti. E anche chi non ha mai indossato un paio di scarpe da ginnastica in vita sua si è sentito privato della sua libertà. Dall’altro, l’inquisizione suprema di chi postava video ovunque di pericolosi untori in tenuta da jogging, che giravano intorno al palazzo. Adesso però la situazione è risolta.

Dal 4 maggio, infatti, il governo ha consentito l’attività sportiva all’aperto. A patto di essere da soli e mantenere le distanze di sicurezza. Così come è possibile andare a trovare i famigerati congiunti. Astrusa parola dal significato oscuro, successivamente chiarificata con la definizione “parenti fino al 6° grado“. In più, sempre con le dovute accortezze, è arrivato il via libera per una serie di altre attività prima vietate o fortemente limitate. Come, ad esempio, prendere mezzi pubblici e celebrare riti religiosi.

Detto questo, apriti cielo. Per molti ci è voluto un attimo a passare dal “si può” al “si deve” e il fatto che si possa uscire di casa è stato automaticamente percepito come un obbligo. Siccome però molti negozi non possono ancora riaprire, molti altri non riapriranno mai e altri ancora sono aperti, ma nessuno ci va perché sono finiti i soldi, dove si sarà mai riversata la gente? Ovviamente laddove le era consentito recarsi. Nei parchi. Perché l’altra opzione, cioè quella di andare a trovare il figlio del cugino della prozia di papà, per scoprire che faccia abbia, evidentemente non è piaciuta a molti.

E da lì, poco ci è voluto a degenerare in comportamenti sconsiderati. Come le schiere di giovani ammassate sui navigli di Milano o le frotte di bagnanti a Mondello, che tanto hanno fatto indignare il web.

Ad onor del vero, la narrazione giornalistica in qualche caso è volutamente sensazionalistica. La prospettiva delle immagini a volte può ingannare e, comunque, va contestualizzata, senza generalizzare. Restano, tuttavia, le evidenze che chiunque ha potuto riscontrare. Sono in troppi ad aver preso sotto gamba la situazione e questo è il modo migliore per mandare in vacca due mesi di sacrifici.

Previsioni sbagliate?

Ma tutto questo poteva essere previsto? Le scelte fatte per la Fase 2 sono le più appropriate? Infondo, escludendo le palesi violazioni di chi crea assembramenti, mettendosi a bivaccare in gruppo sulle panchine, nei prati, sul lungomare o sui muretti, tutti hanno lo stesso diritto di stare per strada. Se mi è consentito passeggiare o correre, fare attività all’aperto, portare a spasso figli e cani, identicamente lo può fare chiunque altro. E in città come Milano o Roma, con milioni di abitanti, ci vuole poco affinché, pur girando singolarmente, si crei una folla.

In più, diciamolo, ci saremo anche dimostrati capaci e meritevoli di lode per il comportamento tenuto durante il lockdown, come si accennava sopra, ma lo stereotipo del rapporto problematico tra noi italiani e le norme non è totalmente campato per aria. E non lo si scopre certo ora. Quindi, viene da chiedersi, consapevoli del contesto sociale, dell’arrivo della bella stagione e dell’impazienza, genuina e fisiologica, che tutti hanno di riprendere a vivere, non sarebbe stato più giusto fare le “prove di convivenza col virus” in altri contesti? Magari dando priorità ad attività più controllabili e con afflussi più gestibili, tenendo invece i parchi chiusi per un altro paio di settimane? Fatto 30 si poteva fare 31.

Pazienza. Ormai si è deciso così. Ammettiamo (e speriamo) allora che la scelta sia andata in questo senso per ragioni ponderate a noi ignote. Benissimo. Basta che non ci si lamenti tra 20 giorni se i dati sui contagi risaliranno. Perché se viviamo così questa Fase 2 è scontato che ciò avverrà. In che misura si vedrà, ma non sarà accettabile in nessun caso farsi trovare impreparati e dover richiudere tutto.

#FacceCaso

Di Tommaso Fefè

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