Nuovo appuntamento con le nostre interviste musicali: oggi è Opera a passare sotto le grinfie della nostra redazione per parlare del nuovo album. In
Nuovo appuntamento con le nostre interviste musicali: oggi è Opera a passare sotto le grinfie della nostra redazione per parlare del nuovo album.
In occasione dell’uscita del debut album di Opera (con annesso Manifesto), abbiamo
deciso di fare qualche domanda al talento di casa Strongvilla su “L’arte prima”, la sua idea
di musica e di “politica”.
Ciao Opera, bentrovato su FacceCaso! Dicci utilizzando tre parole (solo tre) come stai, all’alba di questo ritorno discografico (e che ritorno!).
Ciao!
Sono molto contento.
Quali sono le cose davvero importanti, per Opera?
Questa domanda colpisce nel profondo. Sono molto vecchia scuola. La verità, la lealtà, l’arte e la famiglia sono le cose più importanti per me.
Credo che siano valori che le persone stanno perdend, e che nel mio piccolo, con un messaggio forte provo a riportare in luce.
La cosa che ami di più dell’essere musicista e quella che invece non riesci proprio a sopportare.
Ad entrambe rispondo con la creatività. Quando ti trovi nel bel mezzo di un forte momento creativo la
sensazione che provi è bellissima. Quasi non credi di essere tu, ti senti come benedetto in qualche
modo. È davvero molto appagante riuscire a creare da zero qualcosa, ed esserne tu il responsabile. Allo stesso modo quando ciò non avviene ti senti giù di morale. Magari sei anche reduce da un periodo molto lungo di intensità creativa e tornare a zero da un momento all’altro fa male.
Ecco, arriviamo al dunque: debutti con “L’arte prima”, ma prima pubblichi un manifesto dai chiari intenti “filosofico-politici”. Credi che questo basti a definire “politico” il tuo approccio all’arte? E cosa significa per te, oggi, “politica”?
Se intendiamo la politica come strumento per gestire una comunità di persone, allora in qualche modo possiamo affermare che il manifesto è anche politico. L’arte fa parte della vita delle persone dall’inizio della storia e oggi è stata relegata a banale strumento di intrattenimento, merce di consumo. Credo sia naturale interrogarsi sulla strada da percorrere. Se la strada è quella di fare musica per battere un record, per autocompiacersi, o per “truffare” un pubblico inesperto e arricchirsi, allora sento la necessità di prendere una posizione diversa. Il manifesto che abbiamo scritto serve a questo, chiarire
un pensiero e fissarlo su un foglio. Poi ognuno è libero di operare come meglio crede, noi vogliamo
sottolineare che possono esistere visioni nobili e messaggi forti anche nella musica e nell’arte popolare commercializzata. D’altronde cercare di capire l’arte è impossibile, ma ignorarla un gravissimo errore.
Tra l’altro, qualche pezzo più “politico” (nel senso etimologico del termine) c’è anche in “L’arte prima”, figlio forse di una matrice hip hop che si avverte anche laddove ti spingi più verso il pop (penso a “Volare”, o a “Giuro Impazzirei”). Come trovano un equilibrio, tutte le diverse influenze che caratterizzano i tuoi brani?
La ricerca stilistica dei brani è durata davvero tantissimo, e parlo di anni. Cercare di mischiare le mie origini da rapper insieme a quelle da melodista non è stato facile. Però sentivo che in qualche modo era una cosa che non dovevo assimilare, ma solo allenare. In questo mi sono stati molto d’aiuto i miei due produttori Virgo e Kuma19 che hanno saputo riportarmi sempre sulla strada giusta quando sbandavo.
Credo che l’equilibrio di cui parli sia ricavato dall’esperienza organica maturata in studio, in cui
diversi punti di vista convergono in uno soltanto.
Raccontaci il tuo disco collegando fra loro i titoli dei nove brani che lo compongono, e facci capire se la tua penna è davvero così affilata come sembra!
L’ “Intro” è la lettura del manifesto dell’arte prima, interpretato da Elia Grassi. L’opera d’arte è
spesso rappresentata dalle arti visive e
“Gazza di Monet”ne è un esempio. Qui si tratta il tema dell’abbandono, della lealtà e dell’amore.
L’amore sta al centro di “Giuro Impazzirei” una canzone dedicata a una persona che non esiste. Se c’è qualcosa che invece esiste davvero è la spensieratezza che pervade “Volare” traccia successiva e secondo brano scritto del disco, un mio cavallo di battaglia nei live. Proprio nei live trova una sua dimensione “Prova 3” esperimento musicale assurdo, accompagnato da sassofono ed effetti suggestivi che ti fanno toccare il cielo, o stesso cielo che guardavo in “Guardare su”. Questa canzone racconta della mia infanzia nel modo più caro possibile, tra giochi di gruppo, rimpianti, ricordi e vestiti consumati. Questo rapporto viscerale con i tessuti e gli indumenti trova la sua forma più concreta in “Vestiti” dove accompagnato da una chitarra acustica racconto in modo confidenziale e paradossale le mie emozioni e le mie paure, mettendomi a nudo. Una battaglia interiore che prende forma in “Prato
fiorito” dove, usando riferimenti bellici, racconto dei conflitti umani che si provano ogni giorno.
L’ultimo brano è una liberazione. “Sono ancora un bimbo” raccoglie tutti i fogli scritti prima con
pazienza e dedizione e li scaraventa per aria. Una canzone liberatoria e di sfogo che utilizza la visione infantile delle cose per guardare alla vita in modo più naturale.
Ma quando sei partito te lo aspettavi un disco così? Oppure avevi aspettative e ambizioni diverse (nel bene e nel male, ovviamente)?
Assolutamente no! La mia ambizione è sempre stata quella di fare un disco ponderato, personale ma che potesse parlare a tutti. All’inizio l’idea era questa, ma non sapevo minimamente come metterla in atto. L’incontro con l’etichetta Strongvilla di Mantova mi ha sicuramente aiutato tanto. Da solo non ce l’avrei mai fatta. Nel tempo ho rivalutato anche la necessità del lavoro di gruppo, anche perché in diverse fasi lavorative del disco sono molto carente. Sono molto convinto di questo lavoro d’esordio ed è un sogno nel cassetto che si avvera.
E ora? Cosa succederà ad Opera? E soprattutto, come porterai in giro “L’arte prima”? Un messaggio così “denso” necessiterà di un live all’altezza.
Ora il disco è fuori, ed è una liberazione per me. Al momento la chiacchiera sulle webzine è il contesto
perfetto lanciare questo messaggio e farlo arrivare ai più temerari. Sui social si sta creando interazione
con le persone che sono sempre più curiose riguardo al Manifesto dell’Arte Prima. Ci stiamo
muovendo per poterlo esporre fisicamente in gallerie, locali, manifestazioni, volgiamo portare il
manifesto anche fuori dai confini del settore musica. L’opera è realizzata a cura dell’artigiano
Francesco Testi e documentata nel video “Gazza di Monet” diretto da Edoardo Setti. Per quanto
riguarda i live abbiamo già una struttura consolidata ma in continua evoluzione! Dal vivo suono insieme ai miei due produttori Virgo e Kuma19 e al chitarrista Iulian. Fondiamo suoni elettronici con strumenti più tradizionali come piano e sassofono. Lo show parte con la lettura del manifesto, cercando di instaurare un contatto con il pubblico e di proporgli il messaggio dell’”Arte prima”. Continuiamo poi performando i brani che vengono alternati ad interludi in cui si approfondiscono le canzoni e le motivazioni che ci sono dietro all’atto creativo. La scenografia è di impatto. Sul palco vengono posizionati degli schermi appoggiati su cavalletti in legno da pittore, vengono cosi riprodotte immagini che variano in base al contesto del brano. Un riferimento ovvio ai quadri. Vogliamo che l’esperienza live sia quanto più possibile immersiva.
Grazie mille dell’intervista!
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