Come ad ogni Eurovision che si rispetti anche quest’anno abbiamo avuto canzoni ed esibizioni improbabili: lupi gialli che mangiano banane, Marina Abra
Come ad ogni Eurovision che si rispetti anche quest’anno abbiamo avuto canzoni ed esibizioni improbabili: lupi gialli che mangiano banane, Marina Abramovic che si lava le mani ed inni a trenini che collegano Moldavia e Romania. Ci ha regalato anche grandi emozioni ed ha portato alla vittoria la favorita Ucraina.
Lo scorso 14 maggio si è svolta la finale della 66esima edizione dell’Eurovision Song Contest.
Tenutasi quest’anno in Italia, al Palatorino di Torino, grazie alla vittoria dello scorso anno dei nostri Maneskin.
Ben 40 Paesi si sono sfidati fra di loro, tra cui anche l’Australia. Ci siamo chiesti tutti cosa ci facesse una nazione extra-europea nella gara. Il motivo risale al 1979, quando la SBS, principale network radiotelevisivo australiano è entrato a far parte dell’UER, Unione Europea di Radiodiffusione. Il successo dell’Eurovision in Australia fu tale da darle la possibilità di votare e successivamente dal 2015 anche di parteciparvi.
In finale sono arrivati 20 Paesi con l’aggiunta dei cosiddetti “Big Five”, Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, i quali passano le semifinali automaticamente. Questo accade dal 2000, per una motivazione puramente economica. Infatti sono proprio queste cinque nazioni che supportano maggiormente l’UER e l’organizzazione del Contest.
Tra le performance più indimenticabili – in senso negativo per di più- troviamo quella dei norvegesi “Give that wolf a banana”, esibitisi con maschere da lupi gialle. Il significato molto profondo della canzone è ispirato a Cappuccetto Rosso e di come dei lupi alieni preferiscano mangiare le banane alle nonne; degna di nota anche la moldava “Trenuletul”, gioiosa e folkloristica canzone da sagra del tortellino ispirata alla riapertura di una linea ferroviaria fra Moldavia e Romania.
E come scordarsi la serba “In corpore sano”.
Dietro ad una inquietante performance in cui la cantante si lava ossessivamente le mani, si cela in realtà un messaggio rivolto alla nostra società, troppo impegnata ad occuparsi dell’aspetto esteriore invece di pensare alla propria salute mentale.
Questo è quello che noi gen-Z definiamo con un’unica parola, che racchiude imbarazzo, divertimento ed un pizzico di sarcasmo: “trash”. Che in inglese significa proprio spazzatura.
La vincitrice dell’Eurovision è stata la favorita Ucraina, con “Stefania” della band hiphop e folk Kalush Orchestra. Una canzone dedicata alla madre del rapper, trasformatasi poi in un inno alla madrepatria ancora sotto attacco.
Il nome del gruppo deriva dalla città natale del rapper Oleh ed è fomato da 6 membri tra cui due polistrumentisti, Tymofii e Vitaliy. Questi durante l’esibizione si alternavano tra cantare e suonare la sopilka e la telenka, due strumenti a fiato, simili a flauti.
Per quanto la vittoria sia già ampliamente criticata, e in molti si chiedono se sia meritata, “Stefania” rimane oggettivamente una delle migliori e più originali canzoni di quest’anno, una fusione tra rap e musica folkloristica, che ti entra in testa già dai primi cinque secondi.
E soprattutto che porta con sé un grande messaggio di speranza:
“Troverò sempre la strada di casa, anche se tutte le strade sono distrutte”
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