Dopo quattro anni di attesa la rock band britannica degli Arctic Monkeys è finalmente tornata. Stavolta con uno stile completamente diverso da quello
Dopo quattro anni di attesa la rock band britannica degli Arctic Monkeys è finalmente tornata. Stavolta con uno stile completamente diverso da quello che li ha resi famosi: cinematografico, malinconico e con una splendida orchestra di accompagnamento.
Se siete fan degli Arctic Monkeys (qui ti avevo parlato di 5 curiosità su di loro), saprete come al gruppo piaccia cambiare e sperimentare nuove sonorità.
Nati come band punk-rock, erano quattro ragazzini scatenati, che si divertivano con chitarre rumorose e percussioni frenetiche. Hanno poi giocato con la musica “desert-rock”, un tipo di rock sperimentale, molto distorto, lento e “retro”. Ma lo stile identificativo del gruppo, ovvero l’indie-rock, è quello del loro album più famoso “AM”. Da qui provengono infatti le loro canzoni più conosciute, come “I wanna be yours” e “Do I wanna know”.
Molti si aspettavano che da quel momento in avanti i quattro inglesi avrebbero continuato su quella strada, probabilmente la più sicura. Ma non è stato così. Ne è stata la prova il loro lavoro più controverso “Tranquillity Base Hotel & Casino” del 2018. Un album completamente diverso da “AM”, dallo stile “sci-fi”, retro ed impegnativo. Per molti un capolavoro incompreso, per altri una caduta ed un tentativo impacciato di provare qualcosa di nuovo.
Ed è proprio dallo stile del 2018, quello meno apprezzato dal pubblico che hanno ripreso gli Arctic Monkeys. “Non siamo più solo quattro ragazzi che suonano indie” ha detto il bassista O’Malley.
Esce così oggi “The Car”, il nuovo disco della band britannica.
Don’t get emotional (Non farti prendere dalle emozioni) canta Alex Turner nel brano introduttivo “There’d Better Be a Mirrorball”, accompagnato da degli archi malinconici. Difficile prendere alla lettera queste parole considerando l’intera atmosfera dell’album.
Le novità del disco
L’elemento di novità è un’orchestra di violini, violoncelli e pianoforte, che accompagna la splendida voce del cantante; un’orchestra che ha i suoi momenti per splendere, grazie a parti interamente strumentali; un’orchestra che sembra combattere con gli strumenti “originali” del gruppo, che a volte entrano inaspettatamente e scompariscono dopo poco. Un’orchestra che rende ogni traccia papabile per diventare colonna sonora di un film.
“Vecchia scuola”
“The Car” è anche un viaggio nel passato: in brani come “Body Paint” la band fa una breve fermata negli anni ’70, con i suoi cori e gli archi; ci si rimette in moto con “Hello You”, una delle tracce più movimentate e ritmiche, molto anni ’80; e perché non fare una tappa negli anni ’60, con “Jet Skis on The Moat” e la sua melodia con la chitarra wah-wah.
Vi sono chiari rimandi ad Ennio Morricone, Bart Bacharach, David Bowie ed ancora, i Beatles.
Forse questo non era l’album che ci aspettavamo, e non ci sono canzoni che ci fanno saltare per la camera e muovere violentemente la testa al ritmo della musica.
Tutt’altro, è pieno di malinconia, nostalgia e tristezza, emozionante e riflessivo.
Insomma, non sono più gli Arctic Monkeys di una volta… ma è veramente un problema se poi “The Car” è il risultato?
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