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FacceSapè: ecco la nostra intervista per il nuovo album di Bandit

FacceSapè: ecco la nostra intervista per il nuovo album di Bandit

Nuovo appuntamento con le nostre interviste musicali: oggi è Bandit a passare sotto le grinfie della nostra redazione per il nuovo album. Torna Ban

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Nuovo appuntamento con le nostre interviste musicali: oggi è Bandit a passare sotto le grinfie della nostra redazione per il nuovo album.

Torna Bandit con un nuovo album dal titolo “Grigia”, disponibile da venerdì 31 gennaio 2025 su tutte le piattaforme digitali per Bradipo Dischi (in distribuzione Believe): un secondo album, un nuovo capitolo, preceduto dai singoli “Camerata”, “La nostalgia” e “Zarathustra”, pubblicati tra novembre e dicembre 2024. I due brani arrivano dopo una lunga assenza dalla pubblicazione di un piccolo cult della scena indipendente: nel 2011 uscì infatti clandestinamente il primo album di Bandit “Quando la luce grande della discoteca”, pubblicato poi ufficialmente in versione restaurata nel 2023, che fu un inconsapevole manifesto generazionale irriverente e dolce-amaro.

Il giorno dopo la discoteca i personaggi diventano persone, e anche dopo la fine degli studi avviene un po’ la stessa cosa. La disillusione, lo scontro con un mondo del lavoro che è spesso la versione noiosa e triste di ciò che abbiamo studiato e che ci ha appassionato, la fine dei grandi sogni, delle grandi aspirazioni personali, e il senso di enorme perdita di fiducia nel cercare di cambiare una realtà che si offre come impenetrabile e ripetitiva, plumbea, come un edificio brutalista.

Conoscere Bandit, capire quanto stia scherzando e quanto invece sia serio, quanto bisogna prendere sul serio la sua musica, ma noi per capirci qualcosa siamo partiti, come sempre, dal suo percorso scolastico.

Questo è un sito dedicato agli studenti, quindi non possiamo che iniziare col chiederti qualcosa sul tuo percorso scolastico. Com’è andata?
Un lungo giro, ma non male, per niente. Ho studiato filosofia in statale, cosa della quale non mi sono mai pentito nel corso degli anni, anzi probabilmente mi sarei pentito di più a non studiarla; poi invecchiando apprezzo sempre di più il metodo che mi ha dato e la grande curiosità che da allora non mi ha mai lasciato. Ecco filosofia ti penti subito appena uscito nel mondo del lavoro, ma poi migliora col tempo e ti viene sempre più utile, ti da un sacco di strumenti per non soffrire di sti tempi bui e incerti.

E con lo studio della musica che tipo di rapporto hai? È vera quella cosa che si dice, che non si può fare musica se prima non la si studia?
Vera e falsa allo stesso tempo. Personalmente so suonare molto basic la chitarra, ma roba che dopo un anno da autodidatta mi recuperi, e non ho nessuna nozione di teoria. Dall’altro lato ascolto tantissima musica anche complicata, e leggo come un matto, soprattutto saggi e filosofia ma anche tanti romanzi. Io infatti mi incazzo molto e sfotto molto i miei colleghi più blasonati, può passare per hubris ma è il contrario. Il mio discorso è se io, che sono un cagnaccio musicalmente, scrivo delle belle canzoni, allora tu che sei un professionista polistrumentista dovresti almeno darmi la merda… se non lo fai allora ci stai coglionando. Comunque più vado avanti e più sento il bisogno di imparare la teoria, giusto per aggiungere qualche chicca o non fare sempre le stesse cose. Senza studio puoi scrivere, ma con lo studio puoi perfezionare o migliorare. Poi c’è un’altra questione, che è l’analfabetismo funzionale che riguarda la musica in questo paese. Per quanto io non sia uno studiato di musica, tra me e l’ascoltatore medio c’è un abisso, perchè è stato deciso che in materia musicale non dobbiamo essere alfabetizzati più di tanto, motivo per cui va sempre la peggio merda in classifica.

E sappiamo che al di là della musica sei un insegnante. Tra Bandit e il tuo ruolo di insegnante, qual è il punto di incontro?
In verità quando scrivo musica sto sempre insegnando, in maniera più soft, con il melle musarum, sgretolando cose sbagliate più che facendo la morale, attaccando luoghi comuni e stereotipi. E’ questo il punto d’incontro secondo me, e forse una delle cose che a un certo punto mi ha fatto capire che potevo essere un buon insegnante.

E come mai hai avuto voglia di tornare, con un secondo disco? Che cosa ti ha fatto cambiare idea dopo così tanto tempo?
Ma nulla, avevo in canna nuovi pezzi, molto diversi dai precedenti, e ho deciso di rimettermi in gioco.

E come descriveresti il tuo nuovo album, a chi non l’ha ancora ascoltato?
È un viaggio sul confine tra l’università e l’età adulta, sullo scontro dolorosissimo con il mondo la fuori, che si è fatto davvero molto tetro e poco orientato alla ricerca del benessere degli individui. E’ un pò come se fosse il post sbornia del disco precedente.
#FacceCaso

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