Nuovo appuntamento con le nostre interviste musicali: oggi è Moretti a passare sotto le grinfie della nostra redazione per il nuovo album. È dispon
Nuovo appuntamento con le nostre interviste musicali: oggi è Moretti a passare sotto le grinfie della nostra redazione per il nuovo album.
È disponibile da venerdì 18 aprile 2025 su tutte le piattaforme digitali il nuovo album di Moretti, un nuovo capitolo fuori per Bradipo Dischi e in distribuzione Believe Music Italy.
Anticipato dai singoli “Cesare” e “Milano”, “nomi cose città”, questo il titolo del disco, è il secondo album di Moretti: tre città, tre nomi e due cose. Prodotto da Giovanni Doneda e Pietro Gregori (Il Mago Del Gelato), il secondo lavoro del musicista milanese supera i toni irriverenti del disco d’esordio ed espone il lato più intimo e introspettivo del suo autore, con arrangiamenti minimalisti e raffinati che recuperano la tradizione cantautorale italiana degli anni ’70, da Guccini a Vecchioni, da Camerini a Giurato.
Non potevamo che partire dal suo percorso scolastico.
Questo è un sito dedicato agli studenti, quindi non possiamo che iniziare chiedendoti qualcosa sul tuo percorso scolastico. Com’è andata?
Direi bene. Sono sempre stato il classico studente che studia solo quello che gli interessa, lasciando da parte le materie meno affini. Al liceo me la sono cavata discretamente; se non ci si fa schiacciare dalla pressione del giudizio, sono gli anni più divertenti messi a disposizione dal Ministero.
Poi ho iniziato l’università, ho cambiato mille facoltà senza concluderne nessuna. Nel frattempo ho studiato musica e ora insegno.
E con la musica che tipo di rapporto hai? È vera quella cosa che si dice, che non si può fare musica se prima non la si studia?
La musica è una lingua. Puoi parlare inglese solo praticandolo? Assolutamente sì. Lo usi bene come un madrelingua senza averlo studiato? È difficile, ma si può fare.
Sul mio rapporto con la musica in generale non saprei dirti molto: è piuttosto passivo. La ascolto o la riproduco. Con la mia musica, invece, il rapporto è attivo: esiste da quando esisto io, ci troviamo nei momenti di bisogno. Sarebbe interessante chiedere alla musica che rapporto ha con me.
Milano è un brano che hai dedicato alla tua città. Hai sempre vissuto lì? Ci racconti la tua storia in relazione a questa città contraddittoria?
La mia canzone ha Milano come sfondo, ma parla soprattutto delle persone che la abitano: ossessionate dalla frenesia, dal lavoro vissuto come atto d’amore, da case che sono dormitori più che rifugi. È anche una canzone di riscatto prima dell’addio, in cui Milano torna a chi vuole ballarci sopra, anche nella nebbia.
Io ho sempre vissuto la Milano alternativa, quella del sottobosco che rifiutava i (dis)valori della vetrina europea. Poi quella Milano ha iniziato a morire e ora non resta che ricostruire.
Con che tipo di set hai deciso di portare dal vivo il tuo nuovo disco? Ti sentiremo come su disco? È davvero così importante che live si suoni come quando ti ascoltiamo su Spotify?
Dal vivo, almeno in una prima fase, il disco sarà suonato con una band e sarà abbastanza fedele al sound delle registrazioni in studio. Ma il ragionamento, in questo caso, è al contrario: ho voluto portare nel disco tutte le sensazioni del live. È sul registrato che mi sentirete come in concerto.
Abbiamo suonato tutto, senza strumenti MIDI né correzioni: il più possibile live, insieme. Certo, sul palco non possiamo essere in venti, quindi qualcosa verrà sottratto, ma parliamo di dettagli.
Una canzone deve reggersi anche con un solo strumento a sostenerla. Se funziona solo con una produzione sotto, vuol dire che è scritta male.
Come sta andando questo 2025 finora?
Bene, si vive.


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