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L’attesa dell’esito di un esame scritto: una tortura

L’attesa dell’esito di un esame scritto: una tortura

A un certo punto la tua testa camicia a vagare nel buio dell’incertezza e inizi a mettere in discussione te stesso, la tua scelta universitaria e ogni

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A un certo punto la tua testa camicia a vagare nel buio dell’incertezza e inizi a mettere in discussione te stesso, la tua scelta universitaria e ogni singola parola messa nero su bianco allo scritto. #FacceCaso.

Hai presente quell’orribile sensazione di vuoto, ansia e frustrazione che pervade il tuo corpo il tuo spirito quando devi attendere l’esito di un esame scritto? Un’agonia, in tutti i sensi. Nella tua testa una sola domanda: dovrò ridarlo?

La risposta tra minimo minimo 5 giorni. Magari, fossero solo 5, almeno ti metteresti l’anima in pace. Invece i giorni passano e il voto non arriva. In compenso arriva il messaggio angosciante del tuo compagno di corso che chiede a te (che non sai quanto lui) spiegazioni riguardo al ritardo della pubblicazione degli esiti. 

A un certo punto la tua testa camicia a vagare nel buio dell’incertezza e inizi a mettere in discussione te stesso, la tua scelta universitaria e ogni singola parola messa nero su bianco allo scritto. La tensione sale, peggio del risultato dell’ultima partita della schedina.

Ma il professore che ti dice i voti arriveranno entro il fine settimana, che problemi ha? Fa sul serio? Fine di quale settimana? Questa? Quella dopo? Inizi a delirare. Non riesci a chiudere occhio la notte perché sogni di averlo passato oppure no. Hai un mini infarto quando ricevi un’email dall’ateneo. Peccato che era per ricordarti di pagare le tasse. 

Sembri una ragazza col ciclo al secondo giorno, una di quelle che diventano isteriche e iniziando a piangere per qualsiasi cosa, anche per la forma carina delle nuvole. Insomma, gli esami scritti nuocciono gravemente alla salute e tu sei cagionevole per natura. Cerca di distrarti, fai altro, non ci pensare. Prima o poi la fatidica email arriverà e tu sarai in balia del tuo destino.

#FacceCaso. 

Di Francesca Romana Veriani

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