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Le industrie digitali e il saccheggio delle università inglesi

Le industrie digitali e il saccheggio delle università inglesi

I big digitali americani e non fanno carte false per avere i migliori cervelli tra i docenti degli atenei britannici. Una perdita importante a cui è d

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I big digitali americani e non fanno carte false per avere i migliori cervelli tra i docenti degli atenei britannici. Una perdita importante a cui è difficile far fronte.

È un problema non da poco quello della razzia dei professori inglesi da parte delle companies digitali, industria sempre più in crescita.
I docenti universitari dei grandi atenei britannici sono ricercatissimi da società come Amazon, Google, Apple, Uber e tutte le altre.
Hanno competenza, preparazione, portano avanti progetti e hanno solo bisogno di fondi per lo sviluppo delle idee. Chi meglio di questi giganti può fornirli?

Abhinay Muthoo, rettore del King’s Cross Campus della Warwick University di Londra, coordina i progetti di intelligenza artificiale. “Le migliori società tecnologiche succhiano linfa dalle università: offrono loro stipendi cospicui, pari a circa il quadruplo o il quintuplo di quelli che ricevono. Le domande da porci sono le seguenti: chi è il proprietario delle conoscenze prodotte? E chi formerà i ricercatori del futuro?”.

Sono problemi non da poco per la prospettiva del mondo accademico di Sua Maestà, considerato il migliore al mondo e sede di prestigiose università che richiamano i migliori studenti del pianeta.
Però questo è permesso anche dall’altissima qualità del corpo docenti, che non può evaporare così.
A rivelare tali problemi è il Financial Times, che rimette a confronto il tentativo di argine posto dal governo inglese. 300 milioni di sterline per la ricerca dei progetti universitari condotti dai professori.

Una spinta importante, visto anche come le retribuzioni offerte dalle multinazionali digitali siano imparagonabili.
Una delle menti passate dall’università, in questo caso Cambridge, al privato (Uber), è il professore d’informatica Zoubin Ghahramani, che è diventato dell’azienda di trasporti chief scientist.

Anche lui ha voluto commentare la situazione, parlando sempre al giornale di finanza. “C’è dissidio tra l’enorme interesse per l’IA da parte delle industrie e le esigenze dell’insegnamento e della ricerca nelle università. A breve termine è molto più difficile soddisfare le richieste che provengono dagli studenti. Ma la situazione sul lungo periodo non mi preoccupa, perché c’è sempre più gente che inizia a lavorare in questo campo”.

La sfida nel settore digitale si fa così agguerritissima, non più solo tra impianti accademici di nazioni diverse, ma persino tra pubblico e privato.
Chi avrà la meglio alla fine?

#FacceCaso

Di Umberto Scifoni

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