Oggi ho incontrato i Re Del Kent, band di Milano che ha di recente pubblicato il suo primo disco dal titolo “Sottocultura” svelando il mondo sotterran
Oggi ho incontrato i Re Del Kent, band di Milano che ha di recente pubblicato il suo primo disco dal titolo “Sottocultura” svelando il mondo sotterraneo dell’underground italiano. Di loro abbiamo parlato di com’era avere quindici anni, di come è andato il 2020 di progetti futuri. Buona lettura!
Ciao ragazzi, com’è tornare sulle scene nel 2020?
Diciamo che poteva andare meglio. Anche perché avevamo già fatto uscire l’ep a febbraio. Si bè, affermiamo con certezza che probabilmente è stato un anno abbastanza sfigato per fare musica e cercare di portarla un po’ a spasso per locali…
Com’eravate a quindici anni? E di cosa parla il brano Quindici anni?
Bella domanda. Eravamo molto diversi ovviamente e soprattutto non ci conoscevamo. Probabilmente qualcuno aveva più brufoli, qualcuno più capelli, qualcuno meno barba. Quindici anni parla di accettare le rughe, le cicatrici e tutti gli errori commessi. Insomma parla di crescere, in tutti i sensi, con la consapevolezza che certe paure saranno sempre con noi, perché fanno parte della vita. E prima o poi tutti le devono affrontare. Anche la perdita dei capelli ovviamente.
Quant’è durata la gestazione di Sottocultura? Qualche aneddoto del periodo?
Allora abbiamo qualche problema coi conteggi, facciamo che è stata una normalissima gestazione di 9 mesi. Diciamo che gli aneddoti migliori sono legati alle nostre sale prove. Sempre rigorosamente al piano -1. Quando abbiamo iniziato la composizione dei pezzi suonavamo sotto una pasticceria. Ovviamente non eravamo in mezzo si dolci, ma c’erano abbastanza ragnatele, oggetti strani e forse anche topi. Ci piaceva molto comunque. Finito il semestre abbiamo cambiato. Ora siamo sempre al -1, ma sopra di noi abbiamo un supermercato.
Cosa volete comunicare con Sottocultura? Ci siete riusciti?
Non vogliamo comunicare qualcosa in particolare. Scriviamo semplicemente di quello che ci circonda e di quello che ci va di parlare, senza pretese. Quello che arriva agli altri forse… Ce lo devono dire gli altri.
Che aria si respira, musicalmente parlando, a Milano?
Si respirava una bellissima aria pre-covid, adesso andiamo solo al supermercato con le cuffie nelle orecchie e non possiamo nemmeno pagare per via del distanziamento sociale. Hanno chiuso anche circoli importanti per molti di noi. Meglio non parlarne che ci deprime.
Prossimi progetti?
Stiamo iniziando a lavorare ai nuovi pezzi, abbastanza a rilento vista la situazione generale. Appena possiamo star fuori oltre le 22 mettiamo il turbo.
COMMENTS