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FacceSapè: ecco la nostra intervista per il nuovo album di Doriah

FacceSapè: ecco la nostra intervista per il nuovo album di Doriah

Nuovo appuntamento con le nostre interviste musicali: oggi è Doriah a passare sotto le grinfie della nostra redazione per il nuovo album. Fuori da

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Nuovo appuntamento con le nostre interviste musicali: oggi è Doriah a passare sotto le grinfie della nostra redazione per il nuovo album.

Fuori da venerdì 10 novembre “Canzoni Secsi”, album di debutto di Doriah, autore e produttore siciliano trapiantato a Bologna. Sospese tra cantautorato classico e (post)post-moderno, le sue canzoni, spesso dissacranti e surreali, sanno anche essere insospettabilmente romantiche e, a loro modo, indubbiamente “pop”. Immerse in un mare fluttuante di sintetizzatori, oscillando tra riferimenti più disparati (da Lucio Dalla ai CCCP, dalla trap alla techno commerciale anni ’90) e in costante bilico tra iconografia e iconoclastia (da Hemingway a Sartre, da Maradona a Gesù Cristo, da PornHub a Non è la Rai), queste dieci “Canzoni Secsi” non sono altro che, nelle parole dell’autore, “un modo di affrontare le incertezze e le angosce del nostro tempo, senza la presunzione di ottenere risposte ma con la possibilità di porsi ancora delle domande”.

Le categorie di ricco e povero, alto e basso si fondono senza soluzione di continuità dando vita a scenari ambigui e volutamente paradossali, in un approccio bizzarro, selvaggio, ondivago e irrefrenabile. Non esistono soluzioni, nuovi valori da affermare o vecchi da restaurare: una volta constatato il vuoto valoriale dei nostri giorni, Doriah preferisce essere quello che “sta seduto in riva al fiume e gode dell’osservare l’acqua che scorre. Il caos è progresso”.

Abbiamo intervistato il cantautore cercando di conoscere meglio il suo progetto e il suo percorso scolastico:

Questo è un sito dedicato agli studenti, quindi non possiamo che iniziare col chiederti qualcosa sul tuo percorso scolastico.
Ho studiato psicologia clinica alla Sapienza di Roma, triennale e magistrale, dopo ho fatto un anno di tirocinio professionalizzante, sei mesi in un ufficio del Dipartimento di Salute Mentale di Agrigento con licenza di sgattaiolare in una comunità psichiatrica di quelle con le sbarre e le porte blindate, i 6 mesi dopo sono andato in un Centro di Salute Mentale di un paese di campagna in provincia che serviva anche i paesi vicini, è stato molo divertente. Dopo il tirocinio ho fatto l’esame di Stato per l’abilitazione e mi sono iscritto all’albo A dell’Ordine degli Psicologi. Poi mi sono trasferito a Bologna e ho iniziato a lavorare in una struttura psichiatrica ma nel frattempo è uscita una legge abbastanza stupida e ho dovuto prendere 60 cfu per l’abilitazione al lavoro di educatore professionale, però lavoravo a tempo pieno e ho optato per un’università online.

E che tipo di rapporto hai invece con lo studio della musica? Si può fare musica senza studiarla?
Si può fare certo, io non ho studiato chitarra o canto, però ho studiato per anni tromba, so leggere la musica e ho una vaga idea di come funziona l’armonia.

Con il duo Gente Vergine hai pubblicato “Bologna Batticuore” e nel tuo nuovo album è presente il brano “Bologna è piccola”. Che ruolo ha avuto questa città nella tua vita e cosa rappresenta per te?
È la mia città del cuore, la mia casa, anche quando vado in vacanza tornare a Bologna mi fa sentire bene. È una città che ho scelto in un momento particolare della mia vita; dopo il percorso di studi mi sono ritrovato in provincia di Agrigento senza niente, non avevo un lavoro e non avevo soldi, non avevo nulla da perdere e nemmeno da guadagnare in Sicilia, stavo solo facendo il cameriere a nero. A Bologna c’era mio fratello e sapevo che anche dal punto di vista lavorativo avrei trovato la giusta accoglienza. Non mi sono sbagliato per fortuna.

Ci sono state delle persone che per te sono state fondamentali dal punto di vista musicale?
Quando ero bambino vedevo mio padre che scriveva i testi per la band composta dai suoi fratelli, era divertente perché i testi avevano sempre un retrogusto ironico ma credo che i miei zii non lo cogliessero del tutto e quindi cantavano molto seriamente cose del tipo “una birra analcolica ma con tanta tanta vodka” oppure “madonna uterina perché sei così carina”. Su questo equivoco ho basato il mio modo di scrivere, scrivo delle cose apparentemente serie, spesso malinconiche, ma che nascondono sempre un lato ironico. Credo di essere stato fortunato ad aver ereditato da mio padre questo sguardo obliquo sul mondo.

Un consiglio agli studenti che leggeranno questa intervista?
Non vorrei dare consigli, piuttosto dare un punto di vista di chi ci è passato: non è così importante la performance ma è fondamentale la curiosità.

#FacceCaso

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