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10 punti per provare a salvare le Università italiane

10 punti per provare a salvare le Università italiane

La primavera delle Università ha riunito i rettori delle stesse, pronti a cercare in tutti i modi di riqualificare gli atenei italiani. Una missione c

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La primavera delle Università ha riunito i rettori delle stesse, pronti a cercare in tutti i modi di riqualificare gli atenei italiani. Una missione che richiederà sicuramente tempo e soldi (quelli che fino ad ora non vengono concessi) ma di estrema importanza per il futuro.

Di Lorenzo Santucci

Non è una novità che oggigiorno l’Università sia uno dei settori dove si investe di meno, vuoi per la crisi o vuoi per politiche attuate in modo sbagliato. I risultati sono evidenti: calano le iscrizioni, meno richieste alle borse di studio e diritto allo studio riservato solo a pochi. Dati alla mano emerge come l’Italia, indifferentemente dalla crisi, sia uno dei Paesi che, invece di incrementare i finanziamenti, taglia risorse essenziali alle Università. Facendo un paragone con le altre nazioni, possiamo notare come Francia e Germania, ad esempio, investano rispettivamente 303 e 304 euro per ogni studente universitario, contro i 109 dell’Italia; sui 34 Paesi Ocse, ci posizioniamo ventiseiesimi nella classifica del reddito nazionale destinato alla ricerca ed allo sviluppo; non contenti, negli ultimi 7 anni, mentre in Europa il fondo ordinario universitario cresceva, il nostro diminuiva del 9,9%. Situazione drammatica. Chi cerca di dare un segnale e chiede a gran voce un miglioramento delle Università, sono i rettori delle stesse, che lanciano la primavera delle università, chiamando a rapporto le 80 Università aderenti per ospitare dibattiti, conferenze e, soprattutto, stilare 10 punti per far rialzare la testa agli atenei italiani.

Il Presidente della Crui (Conferenza italiana dei rettori), Gaetano Manfredi, sostiene che si debba dimostrare come le Università siano fondamentali all’interno delle società e, tramite leggi semplici, si potrebbe migliorare la loro condizione. Secondo il rettore la crisi non deve essere una causa (o una scusa, ci permettiamo noi) per la quale non investire nelle Università, bensì un momento dove bisogna aumentare le iscrizioni e creare nuovi tipi di lauree. Infatti, ogni investimento, ogni euro investito sugli studenti non fa che aumentare la produttività di uno Stato. È un dato assodato che i laureati trovino lavoro più di un diplomato e guadagnino maggiormente. È sicuramente un dato che si può contestare, poiché è vero che una laurea porta maggiori benefici, ma bisogna anche vedere il perché un ragazzo si sia fermato al diploma, se per scelta personale (del tutto legittima e condivisibile) o perché, magari, impossibilitato nel permettersi di pagare la retta universitaria.

Ciò che è necessario ora è un intervento per svecchiare le Università e dare maggiori finanziamenti per non rimanere indietro.

Di Lorenzo Santucci

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