La ricerca condotta in California scopre il vaso di Pandora ed evidenzia un enorme dato, ossia il 15% di account totalmente finti. In un mondo, que
La ricerca condotta in California scopre il vaso di Pandora ed evidenzia un enorme dato, ossia il 15% di account totalmente finti.
In un mondo, quello digitale, dove tema scottante sono le fake news e gli spazi senza controllo nella navigazione, ciò che emerge nell’analisi portata avanti dalla University of Southern California fa molto discutere: 48 milioni di profili attivi sul social network del cinguettio, Twitter, non sono gestiti da individui in carne ed ossa, bensì da programmi informatici.
Quest’ultima è una nuova frontiera del social networking che pericolosamente si avvicina al fake, nemico numero uno dei media “reali”, e del resto se il 15% di uno dei social più importanti al mondo è nelle mani di computer, qualcosa in tutto questo non sta funzionando.
Si è provato a correggere il tiro sul rischio che si cela dietro tali numeri, affermando che molti di questi profili avrebbero funzioni positive, come allertare altri account da disastri naturali o raccogliere informazioni sul pensiero dei clienti in merito ai servizi.
Come si sia arrivati a tale scoperta è stato spiegato dagli stessi autori: “Abbiamo confrontato il quadro di classificazione usando un set di dati a disposizione del pubblico di account pseudo-reali. A questi, poi, si aggiunge una raccolta ragionata, fatta a mano, dei profili attivi su Twitter, che comprende sia persone che programmi variamente sofisticati. Con l’incrocio di tali dati viene fuori che account gestiti dai programmi vanno dal 9 al 15 per cento di tutti gli utenti attivi, circa 48 milioni di profili”.
Per quanto si possa tentare di sdrammatizzare la situazione, è comunque palese come il controllo dei social si stia deviando verso componenti incontrollate e “inumane”. Questo è davvero ciò che può servire?
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