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Intervista a Caruso, il cantante francese dal cuore italiano

Abbiamo parlato con Caruso, cantante transalpino che ha appena pubblicato il singolo Souris quand mệme con la Universal France. Tra la Francia e un fu

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Abbiamo parlato con Caruso, cantante transalpino che ha appena pubblicato il singolo Souris quand mệme con la Universal France. Tra la Francia e un futuro in Italia, scopriamo il percorso e i progetti futuri.

Thomas Caruso, 30 anni cantante e compositore nato a Chambery, in Francia, ma profondamente legato al nostro paese da cui deve le sue origini. Affermatosi nella scena popolare d’oltralpe, il suo nome d’arte è Caruso. Il suo singolo “Souris quand mệme” anticipa il prossimo album, ma anche tante sorprese tricolori…

Allora Caruso! Sei un artista che potremmo definire italo francese o calabro francese. Raccontaci un po’ della tua esperienza artistica, la musica, quando hai cominciato?

Io faccio musica da 15 anni, da sempre insomma, e poi ho avuto anche un’esperienza nel teatro, perché all’inizio la musica non funzionava come lavoro stabile. Avevo studiato anche teatro in conservatorio e poi ho avuto l’opportunità per essere professionista come attore di teatro, il quale ho svolto per cinque anni. Adesso sono due anni pieni che faccio solo musica; alla fine ce l’ho fatta a poter vivere di musica, almeno in Francia. Ho un mio progetto, “Caruso”, con le mie composizioni che canto in francese. All’inizio mi avevano proposto di scrivere per altri cantanti, ed è stato il primo modo per mettere piede nell’ambiente, questo mondo un po’ strano.
Ho scritto per tanti artisti francesi negli ultimi due anni, e poi mi hanno detto: “Adesso fai anche tu le tue canzoni”. Erano un po’ le prove in questo mestiere, ormai ho l’opportunità di fare entrambe le cose contemporaneamente!

 

•Hai iniziato a Chambery, la tua città natale, adesso vivi a Parigi e stai affinando la tua arte lì. Sei stato però anche in Tv giusto?

Sì, ho partecipato due anni fa a un Talent Show, “Nouvelle Star”. L’avevo fatto più per mettermi alla prova che per diventare famoso, vedere fino a che punto potevo andare. Inizialmente non volevo fare questo tipo di trasmissione, che non mi è mai piaciuta, altrimenti l’avrei fatta a 18-21 anni. Invece l’ho fatto a 28 anni. È stata un’esperienza molto bella e sono contento di averla provata, soprattutto mi ha arricchito non per il mestiere di cantante, nonostante essendo arrivato fino ai quarti di finale e avendo fatto nove puntate televisive mi avessero proposto dei contratti, ma per scoprire questo mondo della Tv. Inoltre, ho potuto mostrare il mio stile e il mio modo di fare musica. Ad esempio, prendevo una canzone rap e la cantavo e suonavo con la chitarra, cambiandone la forma. Adesso è un modello che si è diffuso, ma io sono stato un po’ il primo.

•Quindi adattare un genere a un’altra forma musicale.

Sì, perché mi ero detto che la gente mi avrebbe potuto notare di più, cantando una canzone diversa dal mio genere musicale, ma adattandocela nello stile, così ti trovano più caratteristico. Altrimenti facendo una semplice cover, il pubblico non vede te, ma vede la canzone che imiti e l’autore originale.

•Perché questa è una delle accuse dei talent show no? Mercificare la musica, ma non far emergere la personalità del cantante in gara.

Esatto, per quello mi ero detto: “Se ci vado devo cantare qualcosa che non mi assomigli!”. La prima trasmissione ho provato una canzone del rapper Booba, molto famoso, e nella giuria c’era JoeyStarr che col primo, Booba, ha un odio personale. L’ho cantata in maniera diversa, con la chitarra, rendendola pop e anche lui mi ha detto: “Così è bella, piace anche a me”. Quella puntata è stata vista moltissimo su internet, con tantissime condivisioni.

•Quindi esperienza positiva?

Sì con lo show ho spostato i miei limiti, mi sono detto che potevo fare ancora di più, non ho accettato le prime case discografiche. Il progetto artistico proposto non mi piaceva, così ho aspettato ancora, finché non mi hanno proposto di fare il ghost writer.

•Adesso dicevi che ti sei messo in proprio, con un tuo “marchio”, e hai pubblicato una canzone.

Sì, “Souris quand meme”, uscita a marzo soprattutto sulle piccole radio in tutta la Francia. Speriamo che in questo autunno esca sulle radio nazionali. L’album completo è già pronto, appena la canzone sarà più conosciuta lanceremo il resto, massimo inizio 2019.

•Qual è la tua casa discografica?

Sono con l’Universal Music, che è una Major.

•Lavori da solo?

Ho una squadra, un progetto con una ventina di persone che lavorano con me e la casa discografica: musicisti, manager, una pr, anche un editore. Adesso il progetto è consolidato.

•Tutto sommato puoi ringraziare il talent che odiavi tanto?

In verità non credo che abbia proprio aiutato, perché anzi può frenare per l’immagine che ha. Quando ho iniziato a farmi conoscere nel mondo della musica, quando ho incontrato la Barclay, casa discografica di Universal che è una delle migliori, al primo appuntamento il direttore mi ha detto: “Eh per noi non è il massimo che tu abbia partecipato a quel programma, perché ti discredita un po’ di fronte al pubblico”. Io ho risposto. “Guardi, ormai l’ho fatto e non ho rimpianti, non me ne vergogno.” Ero comunque d’accordo a non parlarle più, tipo nelle interviste, così da farlo passare in secondo piano naturalmente.

•Dicevamo sei di Chambery, francese, ma in te c’è tanta Italia.

Sì, io mi sento molto italiano, anche se negli ultimi due anni per lo stress ogni tanto faccio sentire l’accento calabrese, mentre quando ero piccolo mi scambiavano per un Veneto! In ogni caso, con un padre calabrese e una madre veronese, io mi sento profondamente italiano, l’unico “francese” di famiglia. Quindi mi sento di entrambe le nazionalità. Nelle mie canzoni parlo tanto, tante parole e tanto ritmo, elementi che ho preso dalla mia “parte” italiana, come la musica popolare tricolore. Questo è totalmente diverso dal modo di fare musica francese, dove si usano meno parole. Infatti molti ascoltatori francesi pensano che quest’uso massiccio delle parole derivi dal rap, in verità io sostanzialmente faccio musica italiana in francese.

•Quindi presto arriva il tuo album, il titolo possiamo rivelarlo?

Sì, si chiama “Rose Granite”, una licenza poetica francese.

 

•Hai ipotizzato di produrre canzoni in italiano?

Sì, sto sistemando un po’ lo stile e i testi, ci vuole tempo, ma sto lavorando per questo. Ne ho parlato già da un anno alla Universal, per spingere l’idea con la Universal Italia. Ho già tradotto quattro delle mie canzoni, “Sorridi lo stesso” è quella del singolo appena uscito, ma sto ancora lavorando sul testo.

•Quindi ancora in fase di lavorazione la versione italiana.

Sì, credo che in un anno completo il lavoro di traduzione di buona parte dell’album, se non tutto. Entro due vorrei venire in Italia proprio a suonare. Già avrei voluto fare un talent show da voi, come X Factor, perché hanno un approccio diverso a quello francese. Poi ho visto che c’erano alcuni cambiamenti nel programma, quindi ho lasciato perdere. Mi hanno detto che potrebbero, parlo per ipotesi, produrre la stessa “Nouvelle Star” in Italia. In questo caso proverei a farne parte.

•Ma un altro piano ce l’hai?

Beh, vorrei provare a partecipare a San Remo Giovani. È difficile per quest’anno, perché mancano alcune cose del regolamento. Ho la presentazione dalla Casa discografica, ma richiedono due canzoni in italiano, e al momento ne ho solo una registrata. Dovrei riuscire entro ottobre a registrare le seconda, quindi vediamo, sarebbe bello!

•Certo che un cantante franco italiano potrebbe essere molto interessante per San Remo, non trovi?

Sì, ci ho pensato molto, con i vari temi di immigrazione e emigrazione, ma anche la doppia cultura e voce italiana e francese. Mi piacerebbe, o quest’anno o il prossimo.

•In Francia quali progetti prossimi hai?

Potrei riprendere la tournee, o di solito suono anche per aprire i concerti di cantanti più importanti, anche davanti a 10.000 persone. Vorrei aprire il concerto di qualche cantante italiano, e forse ci sarebbe la possibilità di aprire il concerto di Laura Pausini a Parigi. Spero si concretizzi anche questa possibilità.

•Il tuo obiettivo di carriera?

Un sogno, molto semplice: realizzare una carriera come Cocciante, un album in italiano e in francese, con tournee Italia-Francia. Vorrei vivere tra Roma e Parigi! La seconda c’è, ci sto bene, manca la prima e fare questo filo conduttore, che richiama molto le mie origini.

E allora, con questi anticipi e sogni del futuro, non possiamo far altro che augurarti il più sincero in bocca al lupo per la tua carriera e i tuoi prossimi progetti. Speriamo di vederti davvero a San Remo!

#FacceCaso

Di Umberto Scifoni

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