Tempo di lettura: 2 Minuti

FacceSapè: ecco la nostra intervista per il nuovo album di Freddo

FacceSapè: ecco la nostra intervista per il nuovo album di Freddo

Nuovo appuntamento con le nostre interviste musicali: oggi sono è Freddo a passare sotto le grinfie della nostra redazione per il nuovo album. È us

FacceSapè: ecco la nostra intervista per il nuovo singolo di Henford
I Mutonia si preparano ad un’estate rovente con il loro “Malessere Tour”
FacceSapè: ecco la nostra intervista per il nuovo EP di NiCOLA MAROTTA

Nuovo appuntamento con le nostre interviste musicali: oggi sono è Freddo a passare sotto le grinfie della nostra redazione per il nuovo album.

È uscito venerdì 17 novembre 2023 su tutte le piattaforme digitali il nuovo album del progetto Freddo, un disco che prova a dare una personalissima definizione a una parola che non esiste: “Sinestetica”. Freddo l’ha infatti inventata per dare una forma a quella che gli piace immaginare come “l’arte della sinestesia”. La sinestesia è tecnicamente la capacità di percepire intrecciando i sensi, un’associazione espressiva tra parole pertinenti a diverse sfere sensoriali.

Noi lo abbiamo intervistato, partendo come sempre dal suo percorso scolastico.

Questo è un sito dedicato agli studenti, quindi non possiamo che iniziare col chiederti qualcosa sul tuo percorso scolastico. Com’è andata?
La scuola e’ andata abbastanza male grazie. Sono partito con la primina che gia’ e’ una condanna, poi mia madre e’ stata la mia prima Maestra, e non la chiamavo mai per aiutarmi se non capivo qualcosa perché non sapevo se dire “Mamma” o “Maestra”. Traumi infantili! Poi un secondo Maestro che e’ stato piu’ una figura maschile di riferimento, molto utile a capire il concetto di autorita’ (anche per dissentirne). Le medie poi un dramma: in matematica una ciofeca totale, ma ero bravo in italiano anche grazie ad un professore/poeta che riservava alla mia sensibilita’ e fantasia una grande attenzione. In seconda media pero’ ho scoperto la musica rock e ho iniziato a distrarmi. Comunque il vero disastro e’ che ero paffutello e con le guanciotte rosse quindi zero chance con le ragazze. E’ andata meglio al Liceo quando si sono allungati i capelli.. intendo con le ragazze. Parlando seriamente credo che aver fatto il Liceo Classico sia stata una scelta non mia ma azzeccata, io volevo andare al Conservatorio ma mio padre impose il Classico. Scuola dura ma la filosofia, la letteratura greca e poi la fatica del latino e del greco abbiano strutturato e facilitato la mia passione per le parole e per la lettura tra le righe del mondo. Avessi fatto il Conservatorio non avrei avuto alcuni strumenti culturali per me oggi fondamentali. Poi pero’ ho scelto comunque la musica per la vita e quando i miei amici erano all’universita’ io ero gia sui palchi a suonare. PS-per mia esperienza la scuola e’ fatta dai professori: se si ha la fortuna di incontrare persone preparate ma soprattutto sensibili e carismatiche ti cambia veramente la vita in meglio. In un mondo in cui il merito e’ il guadagno bisognerebbe solo pagarli di piu’ gli insegnanti, forse darebbe slancio alla cultura.

E con lo studio della musica che rapporto hai? Ci racconti qualcosa in più anche della tua formazione in tal senso?
Ho iniziato con il violino verso gli 8/9 anni, poi a 14 la batteria, e diciamo che questo secondo strumento l’ho preso molto sul serio. Ci sono stati periodi tra i miei 18 e 21 anni in cui studiavo anche 9 ore al giorno con tabella degli esercizi scandita in base al giorno della settimana.. e’ tutta roba che poi mi sono ritrovato negli anni, nella professione e nella vita in generale. La musica e lo strumento che si sceglie vanno approfonditi e anche qui con insegnanti motivati e validi. Ma poi ad un certo punto il concetto di studiare va sovvertito: nella musica bisogna SUONARE, e diffido molto dai musicisti che studiano sempre.. Sono troppo innamorati dello strumento e del challenge con se stessi nell’imparare gli esercizi come fossero rebus o cubi di Rubik, piuttosto che sviluppare un proprio suono e un linguaggio personale. Questa seconda e importantissima parte della musica avviene sempre quando ci si ribella allo studio e ci si tuffa a sperimentare dimenticando tutto quello che si e’ imparato.

È vero quello che dicono, che si può fare musica solo studiandola?
Dipende da cosa vuoi fare. Se vuoi fare il “musicista” si, lo studio e’ imprescindibile perche’ ci vuole innanzitutto la tecnica dello strumento e poi la conoscenza della teoria musicale perche’ spesso devi eseguire cose scritte da altri, imparare repertori, e se hai studiato sai navigare l’oceano a grande velocita’. Ma se vuoi “fare musica” puoi anche sperimentare e basta, imparare da autodidatta e fregartene dei tuoi limiti anzi trasformarli in caratteristiche personali e punti di forza. Per mia esperienza sono stato sia l’uno che l’altro: un musicista turnista per anni e oggi un artista in senso lato. Quindi posso dire che se si unisce un po’ di studio alla sperimentazione e si interpreta la musica come una forma espressiva e non come un lavoro d’ufficio si ottengono i risultati e le soddisfazioni maggiori sia facendo i musicisti che gli artisti.

Ci racconti una tua tipica giornata in studio, durante il processo di composizione di “Sinestetica”, il tuo ultimo disco?
Sono in studio 3/4 giorni a settimana. Mi sveglio tardi perché sono pigro. Scrivo la sera e in genere registro la notte quando possibile. La mattina correggo prendo appunti e riascolto con orecchio critico. Queste le uniche certezze piu’ o meno sempre uguali. Per il resto Sinestetica e’ stata un processo tortuoso e ho lavorato alle bozze durante il Lockdown, per poi cominciare a produrre ogni canzone indipendentemente quasi due anni dopo. L’album come lo ascoltate mi si e’ presentato nella sua interezza solo a fine percorso perche’ avendo curato arrangiamenti e produzione oltre che tutto il lavoro social per ogni uscita ho dovuto seguire ogni brano individualmente ed il disco intero si e’ rivelato solo 2 mesi prima dell’uscita. Per curiosita’ ad esempio una canzone e’ nata e l’ho registrata quasi interamente in Italia in camera da letto su una vecchia tastiera Eko comprata al Mercatino dell’Usato. Questo per dire che una vera regola non c’e’ nella giornata in studio, anche perche’ senno diventa un lavoro e l’Arte per me deve essere una ricerca spontanea dove a volte le canzoni nascono dal niente e si capisce il senso delle parole e dei suoni solo dopo tempo riascoltandole. Lasciamo alla produzione musicale quell’imprevedibile irregolarita’ che merita, altrimenti dov’e’ la magia? Ho appena preso un nuovo studio a Manor House a nord di Londra, spero che il cambio mi aiutera’ anche ad essere creativo. Per ora vorrei suonare dal vivo.. ma appena ho qualcosa di fresco ve lo faro’ sapere! Oddio in realta’ ho in mente da tempo la produzione di una cover…ma non anticipo nulla!

#FacceCaso

COMMENTS

WORDPRESS: 0
DISQUS: 0