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E se gli immigrati fossero una soluzione economica alla crisi?

E se gli immigrati fossero una soluzione economica alla crisi?

Dati alla mano, coloro che entrano in Europa non danneggiano i vari Paesi in cui si fermano. E pagano anche più tasse degli Italiani... Di Filippo Ang

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Dati alla mano, coloro che entrano in Europa non danneggiano i vari Paesi in cui si fermano. E pagano anche più tasse degli Italiani…

Di Filippo Angelino

I politici e gli Italiani possono dire quello che vogliono, ma gli economisti non hanno dubbi: le dimensioni del fenomeno sono troppo grandi per liquidarlo così facilmente. Si, stiamo parlando proprio di quello che pensate: il “fenomeno” dell’immigrazione. Sulla base dei grandi numeri, gli economisti concludono che gli immigrati che si riversano ad ondate sulle frontiere europee non sono il problema. Sono la soluzione del problema. Bisogna trovare il modo di sistemarli e di integrarli: un compito inedito, immane, per il quale non ci sono soluzioni facili. Ma le centinaia di migliaia di uomini e donne, giovani, fra i 20 e i 40 anni, spesso con figli al seguito, che si affollano sulle barche, sui treni, sui camion sono quello di cui l’Europa ha bisogno. Subito.
Ha ragione papa Francesco: gli immigrati sono una ricchezza. Lo dicono i numeri. Fatti i conti costi-benefici noi Italiani ci guadagniamo 3,9 miliardi l’anno. E la crisi, senza i nuovi arrivati che hanno fondato quasi mezzo milione di aziende, sarebbe ancora più dura. Senza gli immigrati, il governo Renzi sarebbe, in questo momento, disperatamente alla caccia di quasi 7 miliardi di euro per tappare i buchi della legge di Stabilità. Gli stranieri hanno pagato, infatti, circa 6,8 miliardi di euro di Irpef (che per chi non ne fosse a conoscenza è l’ “imposta sul reddito delle persone fisiche”) nel 2014, su redditi dichiarati per oltre 45 miliardi di euro l’anno. La Fondazione Leone Moressa, che si occupa degli studi e delle ricerche sull’economia dell’immigrazione, ha calcolato che il rapporto costi-benefici dell’immigrazione è, per l’Italia, largamente positivo: le tasse pagate dagli stranieri (fra fisco e contributi previdenziali) superano i benefici che ricevono dal welfare nazionale per quasi 4 miliardi di euro.
Quando Angela Merkel apre le porte della Germania a 800 mila rifugiati, infatti, non spara troppo alto. Facendo un calcolo a spanne, Leonid Bershidsky, su Bloomberg , calcola che l’Europa avrebbe bisogno di 42 milioni di nuovi europei entro il 2020. Cioè domani. E di oltre 250 milioni di europei in più nel 2060. Chi li fa, tutti questi bambini?

Sarà un paradosso, ma è più facile che, a pagare quei contributi, sia un immigrato, piuttosto che un cittadino italiano. Oggi, la percentuale degli italiani che lavora e porta a casa soldi è pari al 67 per cento della popolazione. Fra chi è venuto qui dall’Asia o dall’Africa, la percentuale è del 72 per cento. Perché ha tolto il posto di lavoro a un italiano? Sembrerebbe di no. Secondo l’Ocse – l’organizzazione che raccoglie i paesi ricchi del mondo – circa il 15% dei posti di lavoro nei settori ad alto sviluppo è stato occupato da un immigrato. In altre parole, dove la concorrenza per il posto è forte, c’è un immigrato ogni 6-7 lavoratori. Nei settori in declino, invece, incontrare un immigrato è quasi due volte più facile: oltre un addetto su quattro non è nato in Italia. In parole povere, gli immigrati tendono ad occupare i posti di lavoro che chi è nato in Occidente preferisce abbandonare e su quei lavori pagano le tasse.
I luoghi comuni, purtroppo, ci fanno pensare al singolo immigrato come un problema, una persona da rimandare nella propria patria che non sarà mai in grado di portare un guadagno al nostro Paese, insomma ci portano a guardare l’immigrato come un “problema” quando, probabilmente, il problema siamo noi e, loro, la soluzione.

Di Filippo Angelino

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