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Insegnare a lavorare: le scuole si adeguano

Insegnare a lavorare: le scuole si adeguano

L'inizio dell'alternanza scuola lavoro porta, come previsto, polemiche e malumori. Di Lorenzo Santucci La più grande novità scolastica di quest'anno è

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L’inizio dell’alternanza scuola lavoro porta, come previsto, polemiche e malumori.

Di Lorenzo Santucci

La più grande novità scolastica di quest’anno è, senza dubbio, l’alternanza scuola-lavoro. Dopo tante chiacchiere, è finalmente partita. Un’idea nata, inizialmente, per gli studenti del terzo anno degli istituti tecnici e professionali. Il che non avrebbe creato tanto scalpore. Ma quando questa proposta si è allargata anche ai licei classici, scientifici ed internazionali, non in pochi hanno storto il naso. Insomma, scuole con un obiettivo, durante il percorso che porta al diploma, hanno quello di dare un’infarinatura generale di tutte le materie. Studenti che, obiettivamente, non hanno alcuna specializzazione. Duecento ore per tre anni, suddivise rispettivamente in ottanta per il primo ed il secondo anno e quaranta per il terzo, l’anno della maturità. Due settimana di lavoro annuali. Questa è la richiesta fatta dal Ministero alle scuole. E quest’ultime non l’hanno presa proprio bene.

Già nella maggior parte dei casi non si riescono a portare a termine i programmi, se poi si devono anche perdere, perché obiettivamente è questo che in molti pensano, due settimane per far entrare nell’ottica del lavoro studenti di 16 anni… il tutto lascia non poco perplessi. Si è fatta strada l’idea che questa alternanza scuola lavoro sia una sorta di svendita dell’istruzione alle aziende, che “sfruttano” ragazzi per i loro lavori. È una questione talmente delicata che si rischia di perdere di vista il punto centrale: la scuola, quella pubblica più che mai, deve garantire prima di tutto un’istruzione adeguata. Il lavoro è una cosa che viene dopo. I dirigenti scolastici, da Nord a Sud, hanno iniziato a chiedere disponibilità a molteplici aziende e, anche questo è un segnale importante e significativo, anche parrocchie si sono proposte per far lavorare gli studenti nei loro archivi. Alcuni licei, tra cui il Giulio Cesare di Roma, si sono rifiutati. O meglio, non hanno intenzione di intaccare il programma ed hanno deciso di posticipare alla fine delle lezioni le due settimane previste, a giugno.

Certo, le reazioni non sono state tutte negative, questo è giusto sottolinearlo. Ad esempio, nell’Istituto del Salento si sono detti soddisfatti in quanto gli studenti, la maggior parte dei quali decisi nello scegliere medicina per il dopo scuola, tramite l’opportunità di lavorare con delle aziende, hanno ritrovato la voglia di studiare. Del canto suo, il Governo si trova davanti ad uno scoglio difficile da superare. Cercano di costruire un ponte tra scuola e lavoro. Se porti a qualcosa di buono non sta certo a noi dirlo, ma dalle opinioni piuttosto schiette degli addetti ai lavori all’interno delle scuole è chiaro intuire se ciò giovi o meno alla scuola pubblica. Forse, i soldi per quel ponte, dovrebbero essere usati per urgenze scolastiche molto più evidenti. Edilizia in primis.

Di Lorenzo Santucci

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