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La comunità di Sant’Egidio

La comunità di Sant’Egidio

Da anni impegnata nel sociale, questa gruppo laico, si pone al fianco di disabili, poveri, anziani e tanti altri, credendo fermamente che “nessuno è c

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Da anni impegnata nel sociale, questa gruppo laico, si pone al fianco di disabili, poveri, anziani e tanti altri, credendo fermamente che “nessuno è così povero da non poter aiutare un altro”.

Di Irene Tinero

Roma, 1968: nel fragore dell’epoca, mentre ovunque scoppiano bombe di rivoluzione,

Andrea Ricciardi, giovane ragazzo poco meno che ventenne, decise di riunire liceali come lui per ascoltare e mettere in pratica il Vangelo.

A dimostrazione di come cambiano i tempi (oggi Ricciardi sarebbe uno zimbello e quale liceale andrebbe ad un incontro simile?) il progetto funzionò, anzi divenne la comunità che conosciamo noi oggi, impegnata in tutta Italia e in altri 70 paesi sparsi in 4 continenti diversi, con oltre 60.000 volontari.

Sul nascere si presero in considerazione progetti già avviati come le comunità degli Atti degli Apostoli e quella di Francesco d’Assisi: l’ispirazione cardine però fu tratta dal cammino di Sant’Egidio, che riconosce come punti saldi la preghiera, la comunicazione del Vangelo, la solidarietà verso i più poveri, l’ecumenismo e il dialogo, inteso come via di pace, soprattutto se tra religioni diverse.

Inizialmente i ragazzi erano molto attivi nelle periferie romane, tra quelle baracche mostrateci più volte nei film di Pasolini, dove è nata la “Scuola Popolare”, oggi riconosciuta come la “Scuola della Pace”, un doposcuola divertente per tutti quei bambini che abitano in zone molto disagiate.
Senza dimenticare gli albori (ancora oggi uno dei focolai più attivi della comunità si trova a via dell’Archeologia, nel difficile quartiere di Tor Bella Monaca), sono arrivati negli anni a prendere parte ad eventi molto importanti: recentemente hanno partecipato all’incontro delle comunità e dei movimenti cristiani europei, tenutosi a Monaco; prossimamente presiederanno al 30esimo incontro “Assisi per la Pace”, che si terrà tra il 18 ed il 20 settembre ed è del tutto incentrato sul dialogo e la preghiera tra religioni e culture diverse.

Nello scorso maggio, la comunità di Sant’Egidio è stata inserita all’interno del primo vertice mondiale umanitario promosso dall’ONU.

Accanto a questi grandi eventi, tanti volontari, tra cui molti giovani, non dimenticano di tendere la mano, portare assistenza ed essere un supporto nella quotidianità delle persone meno fortunate.

La comunità si batte con convinzione per l’abolizione della pena di morte nel mondo, tanto che sono stati inseriti in una delegazione italiana nel VI Congresso Mondiale contro la Pena di Morte. Il 28 novembre scorso hanno organizzato un incontro tra gli studenti di Parma e Joaquin José Martinez, il primo latinoamericano ad essere scampato al braccio della morte statunitense perché innocente.

Ad esempio, è stato promosso un appello volto ad ottenere la grazia per Siarnei Vostrykan, accusato di aver violentato e ucciso due donne. Alla fine della sollecitazione proposta si legge: “Siarnei ha una moglie ed un figlio minorenne”. Le donne in questione non erano forse madri, figlie, fidanzate di qualcuno?
D’altro canto però un ragionamento diverso mal sposerebbe con principi fondativi della dottrina cristiana.

Lodevole è il progetto “Dream”, nato nel 2002 per combattere la diffusione dell’AIDS in Africa: l’obiettivo è quello di promuovere un sistema sanitario innovativo, vicino, solidale, ma soprattutto gratuito, per tutti. Il bacino di utenza su cui si spera di far leva sono principalmente le donne.
Anche qui però non ho potuto fare a meno di nutrire delle perplessità, pertanto mi domando: la comunità di Sant’Egidio, nello sconfiggere l’AIDS in Africa, ha portato con sé dei preservativi?

Spero di rendermi utile un giorno attraverso il volontariato, ma scusate non riesco proprio a trattenermi dall’essere “sarapica” quando vedo delle belle tuniche ecclesiastiche!

Di Irene Tinero

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