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I giovani non sanno più scrivere

I giovani non sanno più scrivere

Alcuni tra i più illustri esponenti della cultura italiana hanno firmato una lettera denunciando l’incapacità dei giovani di oggi nel saper scrivere.

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Alcuni tra i più illustri esponenti della cultura italiana hanno firmato una lettera denunciando l’incapacità dei giovani di oggi nel saper scrivere.

Ragazzi questa volta non si scherza, non sono più solo i genitori, per definizione rompiscatole, a rimproverarci di non saper più scrivere con le classiche frasi “io ai tuoi tempi scrivevo e passavo il pomeriggio a leggere un libro, non davanti alla televisione”.

Ora il monito arriva forte e chiaro da una lettera di denuncia che 600 professori universitari italiani hanno firmato e per mezzo della quale fanno presente ai destinatari, il Presidente del Consiglio, il Ministro dell’Istruzione e il Parlamento, che i giovani italiani non sanno più scrivere, sottolineando come «È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente. Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare. Nel tentativo di porvi rimedio, alcuni atenei hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana».

Secondo gli stessi professori, il problema non può più essere sottovalutato in quanto la situazione stessa non deriva solamente da una negligenza degli studenti, sicuramente meno propensi avvezzi che in passato a dedicare ore ed ore alla lettura e alla scrittura, ma una parte della responsabilità è dello Stato che negli anni, e al susseguirsi di numerosi governi che avevano promesso di dedicarvisi, non vi ha mai effettivamente posto mano, se non per peggiorare e tagliare fondi alle istituzioni scolastiche e universitarie.

In effetti, una delle vere cause di ciò risiede proprio nel sistema di insegnamento che viene utilizzato, rimasto indietro e attaccato a programmi sicuramente di spessore ma poco interessanti per i ragazzi di oggi, fattore che li spinge a dedicarsi minimamente allo studio e alla scrittura, proprio perché spesso non sono attratti da ciò di cui dovrebbero scrivere. Infatti, nelle materie più vicine alla problematica, tra cui l’italiano, si studiano spesso testi antichi o comunque non moderni, lontani dalla realtà dei ragazzi e dal loro modo di esprimersi e comprendere.

Consci di ciò e del fatto che i ragazzi non sono più sottoposti a prove che li mettano in gioco e ne testino le capacità, gli autori della lettera propongono una propria linea di intervento allo Stato stesso: «A questo scopo, noi sottoscritti docenti universitari ci permettiamo di proporre le seguenti linee di intervento: una revisione delle indicazioni nazionali che dia grande rilievo all’acquisizione delle competenze di base, fondamentali per tutti gli ambiti disciplinari. Tali indicazioni dovrebbero contenere i traguardi intermedi imprescindibili da raggiungere e le più importanti tipologie di esercitazioni; l’introduzione di verifiche nazionali periodiche durante gli otto anni del primo ciclo: dettato ortografico, riassunto, comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano. Sarebbe utile la partecipazione di docenti delle medie e delle superiori rispettivamente alla verifica in uscita dalla primaria e all’esame di terza media, anche per stimolare su questi temi il confronto professionale tra insegnanti dei vari ordini di scuola».

All’origine della scarsa propensione e della bassa qualità della comunicazione scritta e orale dei più giovani non risiede solo un problema di didattica ma anche un cambiamento sostanziale dei metodi di comunicazione più usati: infatti, i ragazzi molto spesso usano il linguaggio delle immagini o termini concettualizzanti provenienti dal mondo del Web o della lingua inglese, senza mai veramente avere la necessità di spiegarsi chiaramente, attraverso un discorso chiaro e logicamente costruito.

Il fronte di intervento è, pertanto, almeno duplice: da una parte, sicuramente il metodo didattico deve essere riformato in chiave moderna, dall’altra, c’è bisogno che i ragazzi stessi, ancora in tempo per riparare lacune e migliorare la propria scrittura, vi si dedichino seriamente, perché non si tratta solo di una deriva culturale ma di un deficit funzionale della persona stessa, in quanto se non si è in grado di esprimersi compiutamente, anche per iscritto, si produce un danno a se stessi rovinando quanto di buono si vorrebbe esternare, spiegare e far conoscere.

Di Lorenzo Maria Lucarelli

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