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Rimborsi all’Università di Torino: rubati 100mila euro in tre anni

Rimborsi all’Università di Torino: rubati 100mila euro in tre anni

La documentazione arrivava in segreteria, dove gli impiegati, 4 in totale, compilavano i moduli per la procedura. #FacceCaso. Centomila euro in tre a

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La documentazione arrivava in segreteria, dove gli impiegati, 4 in totale, compilavano i moduli per la procedura. #FacceCaso.

Centomila euro in tre anni. Questo è la somma accumulata dai furbetti che hanno gonfiato l’importo dei rimborsi all’Università di Torino.

Marina Masciavè, segretaria amministrativa della facoltà di Lettere e Filosofia è accusata di peculato. La donna avrebbe rubato dalle casse dell’Università oltre centomila euro, sfruttando ‘divergenze’ tra gli importi indicati sui moduli compilati dall’Economato e quelli riportati sulle ricevute.

L’Ateneo ha preferito rimanere fuori dalla partita giudiziaria.

L’esposto è arrivato in procura nel 2011. Si trattava delle richieste di docenti, ricercatori, borsisti che avevano partecipato a seminari e lezioni fuori sede, oppure avevano acquistato libri, o avevano speso soldi extra per l’attività svolta in facoltà.

La documentazione arrivava in segreteria, dove gli impiegati, 4 in totale, compilavano i moduli per la procedura.

È proprio in questa fase che la spesa di 150 diventava 200. Il rimborso avveniva in modo corretto, il resto finiva nelle tasche di qualcuno.

“Mai toccato un centesimo”. Si difende Masciavè. Le firme erano due: una della segretaria, l’altra del direttore. L’Università ha rinunciato al processo penale, ma ha avviato una causa civile. Su pratiche fino al 2012.

“La procedura dei rimborsi è complicata, abbiamo chiesto una consulenza per poter rendere più chiaro il quadro normativo. Vogliamo che il giudice abbia tutti gli elementi necessari per decidere”. Sostiene l’avvocato della difesa.

“Dimostreremo l’estraneità di Masciavè alla vicenda, nel modo più completo”. Prosegue. Per questo, la segretaria e il suo difensore hanno scelto di andare a processo.

#FacceCaso.

Di Francesca Romana Veriani

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