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I lustrini delle elezioni studentesche

I lustrini delle elezioni studentesche

Buona volontà, fiumi di gadget e poche idee innovative: arrivano le elezioni studentesche. Le elezioni studentesche sono tra i rituali più avvincenti

Insegnate pedofilo: ancora un arresto a Roma
Abbiamo la prof campione del mondo
Lascia la scuola ma ci ritorna da docente, sempre con la chitarra in mano

Buona volontà, fiumi di gadget e poche idee innovative: arrivano le elezioni studentesche.

Le elezioni studentesche sono tra i rituali più avvincenti di inizio anno scolastico, in bilico tra le accese discussioni dei ragazzi che si ergono a portabandiera delle esigenze dei loro compagni e gli insegnanti, quasi rassegnati spettatori di quello che, forse, è l’unico momento dell’anno scolastico in cui non hanno voce in capitolo.

La galleria degli attori di questo brulicante momento di vita scolastica prevede dei personaggi quasi topici, che ricorrono fissi come fossero caratteri da Commedia dell’Arte:

    • c’è chi già indossa la cravatta da baby parlamentare, snocciolando la dialettica di chi non è ignaro di comizi politici;
    • c’è il pluri-ripetente e altrettanto pluri-candidato, che, dalla sua, ha una conoscenza storica dei fatti dell’istituto che non ha eguali tra i suoi compagni/elettori;
    • ci sono gli immancabili fighi della scuola, nella versione sia maschile che femminile, garantite macchine porta-voti, che puntano su un largo bacino di elettori soprattutto tra gli studenti del primo anno;
    • c’è il trascinatore di folle, leader naturale che conosce tutta la popolazione scolastica e che ha la battuta pronta per ognuno;
    • c’è, infine, il galoppino, che ha l’arduo compito di sbigliettare senza sosta davanti a scuola e a ricreazione per i quindici giorni della campagna elettorale.

Un microcosmo che vive poco meno di un mese, per poi reimmergersi nella routine della quotidianità scolastica. Perché, se da un lato, è appagante osservare l’impegno lodevole con cui i ragazzi affrontano la campagna elettorale, dalla scelta del nome della lista, agli accordi con i candidati, alla stesura del programma, dall’altra è altrettanto deprimente registrare un calo esponenziale di interesse per le  riunioni studentesche dopo la fine delle elezioni.

Ormai è prassi, infatti, che la partecipazione alle assemblee d’istituto sia del tutto scarsa e soltanto la prima dell’anno, quando vengono presentate le liste e si apre ufficialmente la campagna elettorale, è gremita di alunni. In tal caso, però, non c’è solo la volontà di partecipare al processo democratico, ma anche e soprattutto la curiosità di vedere parlare in pubblico dal palco i propri compagni, la voglia di sostenerli, di applaudirli, che, non raramente, si trasforma in tifo da stadio.

Affrontare la vita con leggerezza, soprattutto quando si è studenti, è un gran pregio, a patto che non degeneri in superficialità: a questo fanno pensare i programmi troppo spesso identici tra le liste, o la gara ad accattivarsi le simpatie e non la fiducia dei compagni/elettori, attraverso gadget, adesivi, magliette, o la promessa dello spauracchio della cogestione. Il problema è che non manca la buona volontà: spesso mancano le idee.

Da tempo ci si è allontanati dallo spirito che ha mosso la lotta per la conquista dei decreti delegati del 1975, che ha permesso per la prima volta agli studenti di avere un organo di rappresentanza, un potere decisionale all’interno della scuola, un megafono per far sentire la propria voce.

E sembra che, a fronte di pochi idealisti, per la maggior parte dei ragazzi, l’assemblea d’istituto rappresenti un semplice giorno in più di vacanza e un’occasione per tirar tardi la sera prima: di conseguenza, le elezioni studentesche, rischiano di diventare un motivo come un altro per ravvivare la monotona vita studentesca.

Si tratta di un processo che dura da anni e che fa il paio con la disaffezione crescente degli adulti nei confronti della politica nazionale. Anche in questo caso, il ruolo della scuola è fondamentale: non aver paura di affrontare i temi caldi dell’attualità, tornare a leggere i quotidiani tra i banchi, chiedere il parere dei ragazzi senza che temano di essere giudicati, instaurare un dialogo continuo tra gli esempi del passato e le vicissitudini del presente è la strada che bisogna tornare a ripercorrere.

Ho capito va, domani spieghiamo Machiavelli…

#FacceCaso

Di Pierluigi Di Clemente

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