Da una rilevazione di una multinazionale olandese di servizi al lavoro è emerso che gli italiani hanno difficoltà a trovarne uno perché poco preparati
Da una rilevazione di una multinazionale olandese di servizi al lavoro è emerso che gli italiani hanno difficoltà a trovarne uno perché poco preparati.
Gli italiani non trovano lavoro perché sono poco preparati. Questa è la realtà fotografata dalle risorse umane della Randstad, una multinazionale olandese di servizi al lavoro. Dalla loro rilevazione, il 67% delle valutazioni ha evidenziato insufficienti competenze dei candidati. Giudizio impietoso che certifica il fallimento dell’intero sistema paese di adeguare i propri modelli formativi ai cambiamenti della società al livello globale.
La formazione inadeguata viene identificata come handicap superiore persino ad ostacoli come l’invecchiamento della popolazione o la globalizzazione dei mercati. E le carenze più problematiche sono in quella scolastico-universitaria. Cioè proprio in quel settore dove, al contrario, comunemente si ritiene risiedano le migliori eccellenze nazionali.
Ad essere poco preparati non sono solo i giovani alla ricerca del primo impiego, ma anche i manager, i professionisti, e i periti tecnici. Le lacune più importanti sono nel campo dell’innovazione e dell’organizzazione (1 manager su 4 risulta incompetente). La scarsa conoscenza e formazione sul campo è invece il principale problema dei lavoratori specializzati (1 su 5). Emerge, inoltre, una poca propensione alla digitalizzazione. E la frequente impossibilità tecnica di poterla effettivamente realizzare, viste le carenze strutturali, logistiche e infrastrutturali non aiuta. Si vengono così a creare barriere insormontabili nella capacità di un professionista di offrire servizi. Anche qui, per altro, al pari dei quadri dirigenziali, è la disorganizzazione a creare i maggiori problemi. Il 27% non sarebbe in grado di pianificare e gestire adeguatamente le situazioni lavorative.
Domanda e offerta non si incontrano, ma c’è un’eccezione
Tutto questo produce il mancato incontro della domanda e dell’offerta nel mercato del lavoro. “Sarebbe importante – sostiene Alessandro Ramazza, Consigliere di amministrazione di Randstad Group Italia – una formazione di qualità per migliorare l’occupabilità dei candidati e dare alle imprese le competenze che stanno cercando. Non è solo una questione di conoscenze, ma anche di bassa propensione all’aggiornamento e all’innovazione“.
C’è però un modello che fa eccezione. Sempre stando ai dati della multinazionale, sembra funzionale molto bene il sistema degli istituti tecnici professionali. “I diplomati negli ITS – spiega sempre il dott. Ramazza – a un anno dal titolo hanno un tasso di occupazione superiore al 90%. Questo grazie al coinvolgimento di un insieme di soggetti pubblici e privati, che aiutano le istituzioni formative a definire piani di formazione in linea con le più recenti evoluzioni tecnologiche e le esigenze delle imprese“. Il riferimento è anche all’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro, che permette ai ragazzi di provare con mano, da subito, ciò che andranno a fare una volta finiti gli studi.
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