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Giornata della memoria: la giovane ebrea salvata dall’Università

Giornata della memoria: la giovane ebrea salvata dall’Università

Sono innumerevoli le storie che ogni anno, nel "Giornata della memoria", ci ricordano gli orrori della follia nazista. "Per non dimenticare". Ci sono

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Sono innumerevoli le storie che ogni anno, nel “Giornata della memoria”, ci ricordano gli orrori della follia nazista. “Per non dimenticare”.

Ci sono volte in cui l’Università può salvarti la vita. E c’è una storia, che vogliamo ricordare nel Giornata della memoria. È la storia di Dora Klein, una ragazza ebrea nata nel periodo più nero della storia recente. La sua vicenda, edita nel 2001 da “Mursia” (Dora Klein, Vivere e sopravvivere. Diario 1936-1945, Milano, Mursia, 2001), è il perfetto esempio di come la cultura, anima bistrattata di questo paese, possa essere ed è, molto spesso, la vera strada verso la liberà.

La sua storia

Un giorno improvvisamente, risuonarono fra le mura del blocco due numeri: quello di un’ebrea romena il mio. Con il consueto pungolo “schnell, schnell” fummo introdotte in una specie di stamberga ove due ufficiali SS ci chiesero di confermare la nostra qualifica professionale. Quello fu senza dubbio l’attimo cruciale della mia vita nel lager, perlomeno per il tempo trascorso ad Auschwitz.

Nonostante la paura di ciò che sarebbe potuto accadere, “tolsi dal vestito ove lo custodivo, il mio certificato di laurea sottoponendolo alla verifica delle SS.” Dora si era infatti laureata in Medicina e Chirurgia all’Università di Bologna, un ateneo noto a chiunque, già a quei tempi, per la sua importanza.

Questo documento produsse una sorprendente impressione sui due. L’Università di Bologna nota in tutto il mondo, e l’enfatica dicitura: laureata in “Medicina e Chirurgia” fecero il resto. Il caso mio era più unico che raro negli annali dei lager tedeschi”.

Una donna d’oro

Pensate che Dora, come riportato da “romagnanoi“, si laureò nell’ottobre del 1936 e già nel gennaio del ’37 riuscì a superare a Napoli l’esame di stato. Ciò fece di lei la più giovane fra le donne ammesse a professare la medicina in Italia. Un’eccellenza nostrana che rischiò di finire dimenticata e cancellata dalla tragedia del Nazismo.

#FacceCaso

Di Giulio Rinaldi

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