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Il pianto dei manifestanti

Il pianto dei manifestanti

Una riflessione. Tutto qui. O molto di più. Quest’ira funesta che s’aggira per le metropoli italiane, tra le sere di una particolare annata ove vige

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Una riflessione. Tutto qui. O molto di più.

Quest’ira funesta che s’aggira per le metropoli italiane, tra le sere di una particolare annata ove vige il controllo sul contatto umano.

Sì, si parla proprio di questa pandemia, la stessa che ogni giorno ci desta da qualsiasi schermo attivo, colei che imperversa impensierisce, mentre le notizie rigirano su quest’emergenza, eppure nessuna soluzione la smentisce.

Si parla, si parla, si parla tanto di soluzioni contingenti, di restrizioni, mentre si continua a sudare nell’ansia di rimanere senza un centesimo, così rigiriamo come zombie tra le città, sempre meno attrattive e sembra quasi
di non avere uno scopo in questa perenne incertezza.
Noi che cerchiamo di investire sul nostro futuro, ma sembra di star camminando da bendati, di star inciampando tra i mattoni di un sapere quasi futile, che oscilla tra l’essere impavidi e il voler abbandonare qualsivoglia studio, con la fame di conquistare tutto attraverso uno strumento digitale.

Davvero, sembra sia quella l’unica strada degna d’esser asfaltata, ora che le ore si convertono in minuti e diminuisce la soglia dell’attenzione, tanto vale digitare qualche carattere di troppo, che cerchi di non compromettere la nostra instabilità personale.

D’altronde viviamo di questo, una personalità che deve spiccare tra le lettere e le storie, tra i messaggi e la moda, tra i perfetti scatti ed i cibi appetitosi che possano trarci nell’invidia collettiva, infondo non è questo ciò di cui ci nutriamo?

Tra le notti più turbolente, vi è la rabbia di chi investe nell’esistenza, di chi investe nella realtà mentre guarda il proprio locale regredire fino all’assoluto silenzio; con gli occhi socchiusi, questi ricorda i tempi d’antico splendore così, che adesso, scatti una foto tra le lacrime e l’incertezza di doversi accostare alla saracinesca, magari con una coperta, un domani, senza poter dare un futuro alla prole, senza poter avere un futuro proprio.

Davvero ci sentiamo liberi di condannare le proteste? Quando le urla non bastano ed i cortei si dissolvono tra la monotonia di un paese in subbuglio, etichettata come gente senza pietà alcuna, ma son sempre i parassiti che si intromettono … tra i propositi di chi, benevolmente, prova a farsi valere dando voce alle proprie lamentele.

Così lo scenario si capovolge, il divario aumenta, i ricchi sempre più ricchi … ed il resto lo si conosce, tra le frasi fatte, le vetrine distrutte e le metropoli a soqquadro, si attende un nuovo decreto che ci salvi da questo funambolismo paranoico e vertiginoso.

Ce la faremo?

#FacceCaso

Di Alessia Sarrica

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