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Le valutazioni in periodo di DAD? C’è chi vota “assolutamente no”

Le valutazioni in periodo di DAD? C’è chi vota “assolutamente no”

In un periodo in cui la tanto discussa DAD risulta essere il cavillo dominante di accese contestazioni, c’è anche chi va contro le valutazioni scolast

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In un periodo in cui la tanto discussa DAD risulta essere il cavillo dominante di accese contestazioni, c’è anche chi va contro le valutazioni scolastiche in nome del digital divide.

Il sistema scolastico digitalizzato da cui trae origine la famigerata DAD, altrimenti denominata Didattica a Distanza, ha fatto emergere diversi problemi di natura sociale, tra i quali non sta passando inosservata la presenza di una possibile discriminazione all’interno di quel fenomeno riconosciuto come digital divide.

Siamo di fronte a un divario digitale tradotto in discriminazione sociale e culturale che non nasce in ambito scolastico, ma ha preso piede dal momento in cui abbiamo iniziato a con-vivere nel grembo della nostra network society, cresciuta dolcemente da papà digitalizzazione e mamma multimedialità. Ma senza l’amaro non puoi scoprire il dolce e così l’emarginazione, sia in termini reali che virtuali, rimane sempre un boccone complicato da mandare giù.

Ed è grazie alla pandemia che sono emerse queste problematiche anche nel momento del voto, a partire dal compito in classe (virtuale ovviamente), perché c’è chi lo considera una valutazione tra impari. Se prima l’arma segreta era l’invidiabile astuzia di chi scopiazzava per raggiungere la soglia della sufficienza, ora l’attenzione si sposta sulla questione sociale tra chi non può godere degli strumenti che consentono una situazione più favorevole, creando insopportabili discriminazioni.

In risposta alla difficile situazione odierna, il Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina richiama la coscienza che ogni docente deve attuare in attesa del ritorno fisico nelle sedi scolastiche.
E poi, malgrado l’imperativo kantiano nella critica del giudizio, le valutazioni a distanza rimangono illecite: a tal proposito, già sono stati acutamente aperti nuovi spunti di riflessione chiedendosi se l’appello all’imperativo categorico mettesse al riparo i docenti dal discorso sulla legittimità delle diverse valutazioni tra cui scrutini, promozioni e bocciature online.

E poi “se sorgessero controversie – scrive in un articolo Alvaro Belardinelli – come si regolerebbe un giudice? Andrebbe a controllare la normativa, oppure si accontenterebbe di verificare che i docenti abbiano agito in linea con l’imperativo categorico di Kant?”.

Beh, “sapere aude” per dirla alla Immanuel…

#FacceCaso

Di Eleonora Santini

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