Gran caos e ricercatori precari sempre più precari. Non è un paese per giovani. Ma neanche per ricercatori precari. Dice infatti il sottosegretario al
Gran caos e ricercatori precari sempre più precari.
Non è un paese per giovani. Ma neanche per ricercatori precari. Dice infatti il sottosegretario all’istruzione Davide Faraone: “I giovani ricercatori non rientrano nell’ambito di applicazione soggettivo della nuova indennità di disoccupazione mensile, in quanto tali soggetti svolgono attività non riconducibili alle collaborazioni coordinate e continuative”. In parole povere segue la linea lanciata mesi fa dal Ministro del Lavoro Poletti, secondo cui la ricerca in Italia può essere considerata come un hobby, un esercizio dello spirito, un non-lavoro finanziato da mamme e papà.
Ma torniamo un po’ indietro nel tempo. Il 13 Gennaio c.m. il Miur risponde, per bocca di Faraone, ad un interrogazione di Annalisa Pannarale (esponente del partito Sel), esplicando che i precari di ricerca non sono lavoratori, ma studiosi e, pur firmando un contratto di lavoro a termine, non posso essere loro le tutele riconosciute ai lavoratori. Da qui parte un attacco, imprevedibile immagino, agli account Twitter e Facebook del sottosegretario, il quale cambia magicamente idea nell’arco dei due giorni che vanno dal 13 al 16 gennaio: “Per loro (gli assegnisti di ricerca), ci assumiamo l’impegno di prevedere adeguati ammortizzatori sociali di cui possano beneficiare al termine del loro rapporto con l’ateneo. Perché la ricerca è lavoro vero (ah si ?). Anche quello che si svolge durante un assegno di ricerca”.
Insomma, sono stati “salvati” gli assegnisti ma, in un paese come questo, ci si dimentica che esattamente come loro versano i contributi anche dottorandi e borsisti, ma forse sarebbe chiedere troppo.
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