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Mobilitazione nazionale delle università italiane

Mobilitazione nazionale delle università italiane

In tutta Italia, a partire dall’Università Federico II di Napoli, si organizzano boicottaggi, sit- in, tavole rotonde per fermare i tagli e le redistr

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In tutta Italia, a partire dall’Università Federico II di Napoli, si organizzano boicottaggi, sit- in, tavole rotonde per fermare i tagli e le redistribuzioni arbitrarie dei fondi alla ricerca.

Il 29 Febbraio l’Anvur, Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario, metterà mano ai dati fornitegli dall’università per valutare la qualità della ricerca negli atenei, “Vqr”. I finanziamenti statali alla ricerca, staranno stanziati a seguito del risultato di questa valutazione.
Ma i docenti non ci stanno. “Il criterio è arbitrario” dichiara Giuseppe De Nicolao dell’Università di Pavia. Melina Cappelli, docente della Federico II, inoltre, ha raccolto 423 firme per combattere contro la Vqr che ha definito come “un’arma contro l’università”.
Intanto, presso gli atenei sia pubblici che privati si organizzano dibattiti e tavole rotonde per il 21 marzo, come quella di ieri tenutasi a Napoli, per riaffermare l’importanza primaria che la ricerca e l’alta formazione hanno nel futuro del Paese, un paese in cui il costo del lavoro intellettuale è uno dei più bassi d’Europa.
Il 20% dei professori ha aderito al boicottaggio, soprattutto coloro che insegnano negli atenei meridionali: questo è un dato di evidente squilibrio tra le università del sud, più reattive alla protesta, rispetto a quelle del nord.
Ma la mobilitazione contro la distribuzione arbitraria dei fondi, voce del malcontento generale dei ricercatori italiani, è un fenomeno nazionale: “Al 21 marzo vogliamo arrivare con una Carta dell’università e della ricerca. A partire dagli studenti: è il segmento che è stato colpito per primo ma quando hanno chiesto ai docenti sostegno alle loro lotte sono stati ignorati”, spiega Alessandro Arienzo, uno degli organizzatori della tavola rotonda.
Per il 17 marzo, la Rete dei ricercatori non strutturati, ha organizzato una giornata di protesta davanti la sede dell’Anvur: l’università si sveglia, parla con la voce dei 60mila precari della ricerca, senza scatti né pensione. Precari che senza diritto alla disoccupazione, svolgono 14mila ore di lezione, partecipano a 4mila commissioni d’esame e seguono 3mila tesi.
La fondazione Res ha prodotto un nuovo rapporto, aggiornato al 2015, in cui è evidente come dal 2008, si siano persi 10mila docenti e ricercatori, con tagli del 13%: molto più pesanti rispetto alla media generale dei tagli al settore pubblico che ammonta al 5%.
I finanziamenti alle università vengono stanziati in base al costo standard necessario alla formazione di ogni studente e la Vqr, con il risultato che dal 2010 a oggi, si sono ridotte del 20% le immatricolazioni e le università del sud, prive di qualunque appoggio statale, sono diventate atenei numericamente sì più piccoli e sempre meno di qualità.
Occorre fare qualcosa. La ricerca è il futuro. L’università un diritto, sia di chi abita a Milano, sia di chi abita a Palermo.

Di Silvia Noli

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