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Imparare il linguaggio dei segni: la sottile linea che unisce collettività e solidarietà

Imparare il linguaggio dei segni: la sottile linea che unisce collettività e solidarietà

Un’intera classe di prima elementare decide di imparare il linguaggio dei segni per poter parlare con il compagno sordo: storie di una comunità che no

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Un’intera classe di prima elementare decide di imparare il linguaggio dei segni per poter parlare con il compagno sordo: storie di una comunità che non sceglie l’isolamento forzato.

Di Carolina Saputo

Come può sentirsi un bambino che non riesce ad esprimere le proprie sensazioni e i propri sentimenti attraverso le facoltà verbali? Come può, accompagnato perennemente da un grave handicap come la sordità, non prendere la strada dell’isolamento forzato, pur essendo circondato dalla comunità? Sono questi gli interrogativi che il più delle volte rimangono sospesi, perché la barriera creata dal linguaggio è troppo difficile da abbattere; sembra esserci riuscita però, anche attraverso un’enorme forza di volontà , una classe di prima elementare che ha come protagonista di questa storia il piccolo Zejd.

Il bambino in questione infatti viene iscritto lo scorso Settembre in una delle tante scuole elementari di Sarajevo, accettato dalle maestre nonostante i problemi di udito e la mancanza di insegnanti di sostengo; i primi tempi sono difficili, il muro tra l’ ”io” e il “tutti” sembra insormontabile e quella della solitudine l’unica via percorribile, fino a che, grazie allo slancio di una delle maestre, la quale cerca di creare un linguaggio dei segni semplificato, uno dei genitori ha il vero lampo di genio: far imparare a tutta la classe, compreso il piccolo Zejd, il vero linguaggio dei segni. Così si decide di fare una colletta per poter pagare uno specialista che insegnasse i giusti movimenti ai bambini, i quali in tre mesi riescono a comunicare tranquillamente con il loro compagno di classe; sembra pura illusione ma non lo è: ad ogni modo, da questa piccola collettività con un forte senso civico e una grande attenzione alle problematiche altrui, che decide di non girare la testa dall’altra parte, sicuramente c’è solo da imparare. Chapeau.

Di Carolina Saputo

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