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Violenze sui ragazzi in un campo profughi: il trauma di trenta giovani immigranti

Violenze sui ragazzi in un campo profughi: il trauma di trenta giovani immigranti

“Benvenuti nel paese che ospita più rifugiati” recita il cartello di ingresso nel campo di Nizip, dove è avvenuto il misfatto. Tante vite in bilico e

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“Benvenuti nel paese che ospita più rifugiati” recita il cartello di ingresso nel campo di Nizip, dove è avvenuto il misfatto. Tante vite in bilico e zero umanità, da qui nascono i casi sociali.

Di Silvia Carletti

In un momento di delicata tensione per gli accordi sui migranti tra Unione europea e Turchia ci arriva una notizia raccapricciante: l’abuso sessuale di 30 bambini in un campo profughi.

Il fatto è accaduto a Nizip, il centro immigrati nella Turchia sud-orientale che ospita ben 14mila persone, dove il 23 Aprile scorso erano andati in visita la cancelliera tedesca Angela Merkel e l’ex governatore di Ankara Ahmet Davutoglu. A riportarcelo è il quotidiano turco Birgun che a quanto pare ha raccolto le confessioni del colpevole stesso degli abusi, l’addetto alle pulizie del campo.
I bambini con una scusa venivano attirati nei bagni o ai lavatoi, gli unici luoghi non protetti da videosorveglianza, e in cambio di piccole somme di denaro (5 lire turche, circa 1.50 euro) erano spinti a prostituirsi per l’uomo.

I militari di servizio insospettiti dallo strano comportamento dell’addetto hanno scoperto e denunciato il via-vai che coinvolgeva ben trenta bambini fra gli otto e i dodici anni. L’ingenuità stavolta paga un caro prezzo, si macchia dei peccati di un uomo perverso, un approfittatore senza dignità che non si è fatto scrupoli nei confronti dei bambini, i quali, già costretti a un’esistenza difficile nel campo profughi, non vivono la loro infanzia come gli altri coetanei e non vedranno mai più restituirsi cosa gli è stato portato via.

L’organizzazione che si occupa della supervisione del campo, l’Afad, è stata accusata per aver ignorato le denunce sporte dai famigliari di 8 dei bambini violentati, gli unici ad aver avuto il coraggio di parlarne ai genitori. Altre famiglie invece, seppur consapevoli di ciò che accadeva nel campo, non hanno osato sporgere denuncia per non rischiare di perdere lo status di “richiedente asilo” nel Paese. Sapere tutto, ma non dire niente per paura di non essere accettati: un comportamento ingiustificabile per un Pese che ritiene di essere abbastanza avanzato civilmente da voler entrare nell’Unione europea. La vicenda infatti ha aggravato i rapporti fra Ue e Turchia, già in rotta a seguito del rifiuto del Presidente turco di cambiare le leggi antiterrorismo del Paese.

È un altro campanello d’allarme che ci fa credere che forse la Turchia deve ancora combattere con se stessa.

Di Silvia Carletti

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