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Boom delle Università piemontesi

Boom delle Università piemontesi

Mentre nel resto del paese le immatricolazioni calano vertiginosamente, se consideriamo gli standard dei paesi europei, il Piemonte ci stupisce e regi

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Mentre nel resto del paese le immatricolazioni calano vertiginosamente, se consideriamo gli standard dei paesi europei, il Piemonte ci stupisce e registra molti iscritti, tra cui tanti “fuori sede”.

Di Irene Tinero

L’indagine in merito è stata realizzata dal Campus Einaudi della Fondazione RES (Istituto di Ricerca su Economia e Società in Sicilia) ed è stata intitolata “Università in declino”: effettivamente nel resto del paese, dal 2008, si è registrato un calo del 20% nelle iscrizioni all’università.
La stessa sorte la stava rischiando il Piemonte circa 10 anni fa, quando erano proprio i giovani piemontesi ad “emigrare”:

attualmente invece la situazione sembra essersi ribaltata e, ad esempio, il Politecnico vanta un aumento del 32,4%.

Se la regola vuole che in Italia più nessuno si iscriva all’università, il Piemonte sembra proprio essere la nostra eccezione.
Ma non è tutto oro quel che luccica:

il finanziamento alle università quest’anno è stato di 7 miliardi. Nel 2008 investivamo 1 miliardo in più. In Germania hanno riservato 27 miliardi all’università.

Di queste privazioni ne risentono tutti, anche realtà positive come questa piemontese: bisogna curare con attenzione anche certi esempi meritevoli, altrimenti cesseranno di essere tali e si assottiglieranno con tutto il resto. A tal proposito, Gianfranco Viesti, curatore dell’indagine si augura che “i premi non si traducano in un aumento dei fondi, ma in una riduzione dei tagli”.
L’Università di Torino, nonostante un andamento tendenzialmente positivo rispetto alla media nazionale, registra ultimamente un lieve calo: la leggera caduta nelle iscrizioni non è la sola che l’università debba affrontare. I finanziamenti nazionali sono scesi del 15%. Questo si traduce in aumento delle tasse, già salite del 60% in media nazionale:

in Piemonte, in dieci anni, si è registrato un aumento del 28,9% per il Politecnico e del 25% per l’Università di Torino.

Questo potrebbe essere causa delle minori iscrizioni, perché anche in un paese avanzato, parte dell’Unione Europea, “potenza mondiale”, c’è ancora qualcuno che non può permettersi l’università a causa delle tasse.
Nonostante ciò, quella piemontese rimane una delle realtà migliori nel nostro paese, pertanto sono molti i ragazzi che decidono di fare i bagagli e trasferirsi in montagna:

il tasso di attrattiva è passato dal 12% del 2008, al 25%.

Eppure il rettore dell’Università di Torino, Gianmaria Ajani, non sembra esserne troppo felice: “Attirare tanti studenti dal Sud non è un buon segno per il paese”. Quando al rigo prima hai letto dell’aumento dell’attrazione degli studenti avrai sicuramente immaginato il giovane siciliano che emigra al nord e non viceversa. Sul fatto che questo non sia un fattore positivo per l’Italia siamo tutti d’accordo: non solo non è buono, ma non ci fa neanche onore, perché significa che sono anni che nessuno investe in certe realtà.

Ma il rettore poi aggiunge: “alla lunga avrà un impatto negativo anche sul Nord”. A suo avviso, il rischio dato dalla mescolanza nord-sud è che si verranno così a creare atenei di serie B e C, e non di serie A. Se il timore fosse stato relativo alla ricerca di un lavoro dopo la laurea, allora avremmo potuto considerare come fondate le paure del rettore, ma tutto il resto, francamente, fa un po’ acqua: forse vota Lega.

Non dimentichiamo mai che quello allo studio è un DIRITTO che, come tutti gli altri, deve essere difeso e tutelato: ma non lasciamo vincere sempre la negatività e facciamo i complimenti ai nostri alpini.

Di Irene Tinero

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