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Stupro alla Stanford University, condannato a soli sei mesi

Stupro alla Stanford University, condannato a soli sei mesi

Violentò una ragazza in stato di incoscienza dietro un cassonetto nel campus. Di Stefano Di Foggia Il 17 gennaio 2015 Brock Allen Turner stuprò una ra

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Violentò una ragazza in stato di incoscienza dietro un cassonetto nel campus.

Di Stefano Di Foggia

Il 17 gennaio 2015 Brock Allen Turner stuprò una ragazza dietro un cassonetto dei rifiuti nel campus della Standford University. Ad un anno di distanza dai fatti arriva la sentenza che condanna lo studente a sei mesi di reclusione. Rischiava 14 anni di prigione ma

il giudice ha detto che il ragazzo “ha mostrato veri segni di pentimento” e inoltre pur comprendendo la “devastazione sofferta dalla vittima”, ha ritenuto che un periodo di carcerazione più lungo avrebbe avuto “un impatto severo” sulla vita sportiva di Turner, che è un nuotatore affermato.

A far discutere oltre alla sentenza sono state anche le parole del padre del ragazzo che minimizzando il gesto ha dichiarato: “È un prezzo pesante da pagare per soli 20 minuti di azione su 20 anni di vita”.

Ma oltre all’indignazione per la sentenza e per le dichiarazioni del giudice e del padre del ragazzo, quello che ha colpito chi ha seguito il caso è stata la lunga dichiarazione della vittima.
La ragazza, di 23 anni, ha detto di essere distrutta al livello emotivo e di non volere più il suo corpo. Davanti al giudice la ragazza ha confermato di aver bevuto in modo eccessivo e di essere caduta in uno stato di incoscienza. Proprio per questo non ha potuto affermare di non essere stata consenziente al rapporto. “Mi hanno detto che ero stata stuprata, ma mi hanno anche detto che siccome non potevo ricordare cosa era successo, tecnicamente non potevo provare che non ero d’accordo. Mi hanno violentata all’aperto, dietro un cassonetto, ma siccome non ricordo nulla tutto questo non è contestabile al mio assalitore. Questo mi ha sconvolta, mi ha devastata. Ti dicono che sei stata stuprata in questo modo, ma non si capisce se legalmente può essere considerata un’aggressione sessuale. In tutto questo c’è qualcosa di profondamente sbagliato”.

Questa notizia ha sollevato ancora una volta l’attenzione degli americani su un fenomeno che ha dei numeri inquietanti.
Secondo una ricerca, nei college americani una ragazza su cinque ha subito violenze sessuali e solo nel 12% dei casi le vittime hanno denunciato quanto accaduto alla polizia. Gran parte delle vittime conosce gli assalitori e spesso alcool e droghe fanno parte del mix che conduce alle violenze. Il problema è così serio che nel 2014 la stessa Casa Bianca ha istituito una task force per fare chiarezza e cercare una soluzione.

Nel mirino ci sono anche le università che in alcuni casi sono state complici del silenzio delle vittime o hanno cercato in tutti i modi di minimizzare gli episodi di violenza.
In questi due anni sono state fatte molte iniziative e in tutto il paese si sono attivate in questo senso associazioni e istituzioni, ma a quanto pare la soluzione è ancora molto lontana.

Di Stefano Di Foggia

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