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Gomorra: finale di stagione

Gomorra: finale di stagione

Anche la seconda serie di Stefano Sollima è volta al termine, con i suoi soliti pugni allo stomaco, nella totale assenza del bene e, artisticamente pa

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Anche la seconda serie di Stefano Sollima è volta al termine, con i suoi soliti pugni allo stomaco, nella totale assenza del bene e, artisticamente parlando, deliziando tutti noi.

DI Irene Tinero

Avete presente quando Tommy De Vito, in “Quei bravi ragazzi”, entra nella stanza adibita a bar, convinto di andare incontro all’affiliazione e invece gli sparano in testa? Ecco, la morte di O’ Mulatt è andata più o meno allo stesso modo: entrambe le puntate iniziano con un’uccisione e questo perché Don Pietro, nascosto nell’ombra, diffonde la sua scia di distruzione e odio, fino alla fine.
Inoltre, ricordate il ragazzino che gestiva la piazza di spaccio chiusa a seguito della manifestazione del prete? Tale “Zingariello”: in Gomorra è sempre così, un personaggio che puoi tranquillamente considerare marginale, improvvisamente diviene il motore di dinamiche importanti. Gli eventi agiscono allo stesso modo: la morte accidentale del funzionario pubblico per mano di Alfredo Natale, la partenza ritardata di quest’ultimo, è un qualcosa a cui non dai peso, finché non scopri che questa storia è legata a Don Giuseppe, a Gennaro e ai loro appalti truccati.
Colpo da maestro quello che Genny rifila al suocero: un tradimento degno di Ciro che infatti non si fa problemi a ricordare all’amico quanto siano “uguali”. Aggiunge inoltre che le cose si stanno mettendo male per tutti: infatti, l’Immortale è solo, Gennaro è in difficoltà a Roma e Pietro, nella sua guerra contro il mondo, si ritrova il mondo contro.
Che abbiamo detto un rigo sopra? Niente è come sembra.

Ciro rimane solo, ma troverà un unico alleato tanto forte da compensare tutte le perdite, Gennariello in versione romana non è poi così alle strette e forse solo Pietro è, per l’ennesima volta, vittima della sua “hubris”.
Personalmente avevo preventivato la morte di Ciro di Marzio e di fatto questo si è realizzato: l’uccisione della figlia lo rende definitivamente un uomo sul lastrico, portando a compimento quel lento processo di autodistruzione che si era avviato dopo l’omicidio di Deborah. D’altronde quest’ultima lo diceva sempre: “Hai ucciso la moglie e quasi ammazzato il figlio, prima o poi…”
Eppure neanche il movente della vendetta giustifica la morte di una adolescente innocente. Allo stesso modo non ci sono scusanti per la fine di Deborah o per la morte della 15enne bruciata viva nella prima stagione, entrambe per mano di Ciro: qualcuno potrebbe pensare, senza sbagliare, che questa sia la giusta punizione per l’Immortale, un uomo che ha fatto all in, scommettendo tutto pur di raggiungere il suo obbiettivo, per poi fallire miseramente. Così un Pietro nasce ed un Pietro muore, un’era finisce ed una, del tutto nuova, inizia. L’omicidio di Pietro Savastano per mano di Ciruzzo segna il compimento di un’era e la fine dell’ennesima guerra di camorra: Gennaro consegna il padre nelle mani di chi ha ucciso la madre, al solo scopo di ritrovare degli equilibri economici. Savastano jr si stabilirà a Roma e Di Marzio a Napoli? Quel Ciro guiderà Secondigliano?

Sollima ripropone proprio quello che gli era stato tanto criticato nella prima stagione: la totale assenza del bene, il male ad oltranza. Viviamo in un mondo senza scrupoli e quindi non vedo esagerazioni nel rappresentare la Camorra come un’organizzazione fatta di uomini e donne che si vendono i padri, che baciano il crocifisso prima di mietere vittime, che sparano fuochi di artificio dopo una morte che sa di umiliazione.

La prima serie era ineguagliabile, tanto che la seconda è stata costruita esattamente sugli stessi meccanismi; tuttavia trovo che anche questo sia un ottimo lavoro, partendo in primis dalla regia (date un premio al direttore della fotografia!)
C’è stato solo un flop: Scianel! Non ha mai preso ne una vera posizione, nè tanto meno il posto di Imma, occupato a pieno da Patrizia.

Ho trovato accessorie ed inutili alcune critiche mosse a questa produzione, a cui spetta il merito, se non altro, di aver modificato la concezione della Camorra, almeno nei più giovani.
Niente lascerebbe intendere una terza stagione, eppure c’è già chi ci mostra il copione (Roberto Saviano)…

DI Irene Tinero

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